Pages

 

mercoledì 31 ottobre 2012

Incidente mortale all'Ilva di Taranto. Ferrero: "L'Ilva ha le risorse per la sicurezza e la salute"

0 commenti

Un operaio di 29 anni – Claudio Marsella di Oria (Brindisi) - è deceduto questa mattina nello stabilimento Ilva di Taranto. L’uomo si trovava su un locomotore che trasporta i materiali all'interno dell'acciaieria dal porto. Le cause sono ancora in via di accertamento.
Le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm hanno proclamato per domani due ore di sciopero in tutti gli stabilimenti del gruppo. 
“E' l'ennesima giovanissima vittima di un sistema produttivo che considera il lavoro un costo e gli operai carne da macello'', commenta a caldo il segretario del Prc Paolo Ferrero. '' Nell'esprimere le condoglianze alla famiglia – prosegue Ferrero -, voglio denunciare una volta di piu' un sistema produttivo che oramai e' basato sul ricatto e sulla paura, sistema aggravato pesantemente dalle leggi del governo che danno mano libera completa ai padroni nello sfruttamento dei lavoratori”. Ferrero invita la famiglia Riva ad impiegare le enormi risorse che ha a disposizione “per ristrutturare lo stabilimento e renderlo sicuro per i lavoratori e per i cittadini”. “Anche per questo – conclude Ferrero - raccogliamo le firme per abolire l'articolo 8 e ripristinare l'articolo 18''

“Bisogna fare con urgenza la massima chiarezza sulle dinamiche dell'incidente, e sulle relative responsabilità che nel caso di questo tipo di accadimenti non sono mai vaghe o non accertabili”. E' quanto afferma il Segretario confederale della CGIL Elena Lattuada, in merito all'incidente mortale avvenuto oggi nello stabilimento Ilva di Taranto. Inoltre, prosegue la dirigente sindacale, “vogliamo esprimere il nostro cordoglio e la nostra vicinanza alla famiglia e ai colleghi di lavoro del giovanissimo operaio morto oggi, insieme a tutto il nostro appoggio alle iniziative che si svolgeranno oggi e nei prossimi giorni nello stabilimento”.  Secondo Lattuada “ancora una volta bisogna pretendere rispetto per la vita umana e per le condizioni di lavoro delle persone, che non devono essere sacrificate ad una logica di profitto a tutti i costi e nel mancato rispetto delle norme. Ciò vale per le norme di salvaguardia della sicurezza, così come per quelle della protezione della salute e dell'ambiente, così come abbiamo sempre detto in merito alla vicenda più complessiva dell'Ilva”, conclude. 

Read more...

Fiat, Pomigliano. Le mogli dei cassintegrati lanciano un'assemblea

0 commenti

La fiom era in presidio oggi a Torino. Questa mattina, con 200 persone riunite davanti alla sede dell'azienda per chiedere alla Fiat "impegni precisi rispetto agli investimenti e alle produzioni" in Italia, ma anche "per rivendicare un piano industriale che dia prospettive occupazionali per tutti i dipendenti del Gruppo".
"Il ruolo del sindacato - ha dichiarato Giorgio Airaudo, responsabile nazionale auto della Fiom - che deve tutelare i lavoratori che stanno pagando il prezzo più alto in termini di cassa integrazione, di insicurezza e chiusure di stabilimenti, come a Termini e all'Irisbus - aggiunge - è quello di strappare e concordare impegni esigibili su prodotti e investimenti nel 2013. No a previsione 'astrologiche' sul mercato dell'auto".
E proprio per la questione della cassa integrazione si sono fatte avanti le donne: accade forse per la prima volta nella storia della lotta operaia, stiamo parlando della Fiat di Pomigliano d'Arco e sono le mogli dei lavoratori a decretare un'assemblea. Il loro intento è di invitare gli operai a lottare per difendere il loro stesso futuro nel lavoro.

Il comitato delle mogli dei cassintegrati di Pomigliano dunque grazie a una lettera pubblica ''da donna a donna'', hanno fatto un invito a tutte le mogli degli operai per costruire insieme l'assemblea operaia a Pomigliano'' del 24 novembre, ore 10.00, nella Sala della Biblioteca Comunale.

''Oggi che nessuno fa più misteri sul fallimento del piano Marchionne - dichiara il Comitato - e che la Fiat si sta sfilando dall'Italia delocalizzando all'estero, si prospetta un futuro da disoccupati per tutti i lavoratori, inclusi quelli dell'indotto. Come mogli, come compagne, come mamme, e come donne operaie- aggiungono - scendiamo in campo accanto ai nostri uomini per un'unica lotta: quella per il lavoro a cominciare proprio dalle
fabbriche Fiat''.

Le donne inoltre hanno pensato anche di presentare una loro proposta per tutelale i posti di lavoro: ''Nazionalizzare tutte le fabbriche del Lingotto - aggiungono - perché tutte già abbondantemente strapagate dalla collettività con finanziamenti pubblici incassati ed usati a discapito sociale''.

Nella lettera aperta sono queste moglia a raccontare di essersi conosciute ''accompagnando i bambini a scuola, andando al mercato o dal fruttivendolo, e ci siamo ritrovate a confrontarci sui prezzi che salgono e sulla nostra battaglia quotidiana per far quadrare i conti tra libri per la scuola, ticket per la sanità e l'esigenza di arrivare a fine mese. E nello sconforto - proseguono nella missiva - ci siamo ritrovate a parlare del passato e dei primi anni di fabbrica dei nostri mariti, quando le cose non erano come oggi: i figli erano piccoli, c'erano tanti impegni, si poteva pagare il mutuo e si andava anche a mangiare la pizza di sera. Poi arrivò Marchionne con il suo 'piano'. Ci illusero sulla prossima fine degli 'stenti', ma oggi lo stesso Marchionne dichiara fallito il suo piano e il 'rilancio' di Pomigliano si e' rivelato il miraggio già previsto dai nostri mariti''.

Read more...

martedì 30 ottobre 2012

Art. 18. Prima causa con legge nuova: reintegrato!

0 commenti

Sorpresa!. Anche col "nuovo" art. 18, se il giudice ragiona, c'è spazio per la reintegra da ingiusto licenziamento. Certo che però, così dipende dalla persona sotto la toga, non più dalla "certezza della legge!...

La legge Fornero debutta in tribunale. Il giudice reintegra il lavoratore

Dopo mesi di rumoroso confronto, l'articolo 18 versione Fornero ha «debuttato» in silenzio in un'aula di tribunale. A Bologna è stata appena depositata la prima ordinanza di applicazione della nuova normativa. Se la linea scelta dal giudice delle due Torri sarà seguita nel resto d'Italia, la stagione dei licenziamenti (più) facili per motivi disciplinari - temuta dal sindacato e auspicata dalle imprese - resterà uno spauracchio agitato nei dibattiti. A fare giurisprudenza, suo malgrado, è la vicenda di Piero Catalano, emiliano di origini napoletane che lavorava a Bentivoglio, a due passi da Bologna, come responsabile del controllo qualità alla Atla, srl del gruppo Atti che si occupa di lavorazioni meccaniche. Il 30 luglio scorso Catalano è stato licenziato. A meno di due settimane dall'entrata in vigore del nuovo articolo 18.

Pietra dello scandalo una mail che il responsabile qualità aveva inviato a un superiore. E qui, per capire di cosa stiamo parlando, bisogna riportarne il testo: «Parlare di pianificazione nel gruppo Atti è come parlare di psicologia con un maiale, nessuno ha il minimo sentore di cosa voglia dire», metteva nero su bianco Catalano.

L'azienda non l'ha presa con spirito. Secondo le interpretazioni più rigide della legge, il giudice avrebbe potuto anche ritenere il licenziamento ingiustificato, sì, ma limitarsi a imporre un risarcimento all'azienda, e ognuno per la sua strada. Invece Maurizio Marchesini (questo il nome del giudice) ha ritenuto di dirimere la vicenda in modo diverso. Imponendo il rientro di Catalano in azienda. Inoltre la Atla dovrà pagare al suo dipendente tutti gli stipendi dal 30 luglio fino alla riaccensione del computer.

La normativa Fornero consente la reintegrazione in caso di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo in due casi: se il fatto non sussiste oppure se il fatto rientra tra quelli che il contratto di categoria considera punibili solo con una «sanzione conservativa». Secondo il giudice, in questo caso il «fatto materiale» della mail è sotto gli occhi di tutti ma il fatto giuridico di cui parla la nuova legge, appunto, non sussiste. Marchesini, inoltre, ascrive la mail inviata dal responsabile qualità nell'ambito delle «lievi insubordinazioni nei confronti dei superiori» di cui parla il contratto dei metalmeccanici. Tirando le somme, quindi, la reintegrazione è motivata da una doppia valutazione.

Ovviamente il più soddisfatto di tutti è Piero Catalano. Che però, raggiunto al telefono, preferisce incassare l'ordinanza e tenersi lontano da ogni commento. Parla invece il suo avvocato, Alberto Piccinini. «Questo è un caso esemplare, il giudice ha accolto l'interpretazione che ci sembrava più conseguente - dice Piccinini -. Non si può pensare che i contratti di categoria elenchino in modo dettagliato tutti i casi in cui il licenziamento non è possibile. Giusto, quindi, fare ricadere il singolo episodio all'interno di una tipologia generale».

«Allora che cosa è cambiato rispetto al passato?», si chiedono a questo punto il giuslavorista bolognese Franco Carinci e il milanese Maurizio Del Conte, dell'Università Bocconi. «Se questo tipo di applicazione della legge diventasse la norma, e si tratta di un'eventualità realistica, allora non sarebbe cambiato nulla di sostanziale», riflettono i due. La montagna del dibattito dei mesi scorsi, in altre parole, avrebbe partorito il topolino.

Ma c'è anche chi la pensa in modo diverso. Pietro Ichino, giuslavorista e senatore del Pd, condivide pienamente l'ordinanza. Con una precisazione: «Il giudice avrebbe potuto esimersi dallo scrivere pagine e pagine di motivazione del tutto superflue, limitandosi alle ultime righe della sentenza, dove si rileva che la mancanza commessa dal lavoratore è specificamente prevista dal contratto collettivo come non sanzionabile con il licenziamento».

Secondo il professore ciò non significa che in futuro non cambierà nulla. La facilità della reintegrazione dipenderà molto da come saranno scritti i contratti di categoria e dall'intento più o meno restrittivo con cui questi ultimi definiranno i casi in cui è possibile riprendersi il posto di lavoro.

Da economista Alessandra Del Boca, docente all'Università di Brescia, è soddisfatta dell'ordinanza di Bologna prima di tutto per un aspetto: la velocità della giustizia. «In soli tre mesi la questione è stata risolta quando spesso si arriva anche a cinque anni», sottolinea Del Boca. Chi pensava alla legge Fornero come al peggiore dei mali a questo punto dovrà ricredersi? «Come è evidente - conclude l'economista - alle porte non c'è nessuna stagione dei licenziamenti selvaggi».

Read more...

Comportamento antisindacale" Fiat condannata per caso Fiom

0 commenti

Per il tribunale di Termoli il Lingotto ha " applicato un diverso trattamento economico sulle indennità ai lavoratori iscritti alla Fiom con una perdita salariale di 300 euro al mese". Cassa integrazione per 1.400 alle ex Meccaniche di Mirafiori
L'ad Fiat, Sergio Marchionne. Per il tribunale il comportamento del gruppo è antisindacale
MILANO - Il tribunale di Termoli, in provincia di Campobasso, ha condannato la Fiat per la seconda volta per attività antisindacale "in quanto ha applicato un diverso trattamento economico sulle indennità ai lavoratori iscritti alla Fiom con una perdita salariale di 300 euro al mese". Lo rende noto la stessa Fiom.

"La sentenza del Tribunale di Larino che accoglie il ricorso della Fiom e condanna la Fiat - commenta Italo Di Sabato, segretario regionale Prc - Fiom rappresenta un risultato per tutte le lavoratrici e i lavoratori e conferma che lavoro e diritti non devono essere fra loro contrapposti e che in Italia la Fiat deve rispettare le leggi e la Costituzione".

Cassa integrazione. Fiat Powertrain, intanto, ricorrerà alla cassa integrazione anche alle ex Meccaniche di Mirafiori (1.441
addetti): tutti i lavoratori si fermeranno dal 26 novembre al 2 dicembre.  "Con la richiesta di cassa integrazione anche alle ex Meccaniche di Mirafiori - dichiarano Edi Lazzi, responsabile della V Lega Fiom-Cgil, e Antonio Citriniti, della Fiom-Cgil - stiamo raschiando il fondo del barile. Adesso praticamente tutti i 14mila dipendenti del sito di Mirafiori sono collocati in cassa integrazione". Per i sindacalisti "le ex Meccaniche erano l'unico stabilimento che ancora lavorava a pieno regime: ora anche per quei lavoratori si prospettano tempi bui. Questa decisione dell'azienda è un ulteriore motivo per chiedere con forza un piano industriale serio e credibile, con nuovi modelli in grado di rilanciare Mirafiori. E' quello che faremo domani al presidio organizzato dalla Fiom-Cgil davanti al Lingotto".
Read more...

sabato 27 ottobre 2012

Abroghiamo la controriforma delle pensioni. Domani parte la raccolta firme per i referendum

0 commenti

Monti e Fornero hanno gettato nella disperazione centinaia di migliaia di persone, che hanno visto, nel giro di poche settimane, la propria prospettiva di vita messa radicalmente in discussione, dopo anni ed anni di duro lavoro. La cosiddetta riforma delle pensioni del governo dei tecnici, che allunga di sei anni e più il tempo di lavoro, è stato il più violento provvedimento antipopolare, contro le condizioni di vita di uomini e donne, dal dopoguerra ad oggi. Una campagna lampo passata sulla testa della gente, offerta sull'altare del recupero di «credibilità» in Europa e nel mondo dalla neonata unità nazionale del «dopo la caduta di Berlusconi», senza che ci fosse neppure la consapevolezza del disastro sociale che questa sedicente riforma apparecchia.

Il disastro sociale per chi, espulso dai luoghi di lavoro, alla pensione non arriverà mai, tanto più dopo la drastica riduzione dei tempi di erogazione degli ammortizzatori sociali, cui ha provveduto l'altra «riforma» Monti-Fornero: un dramma di cui i lavoratori «esodati», secondo l'orrido neologismo, non rappresentano che la punta dell'iceberg. Uomini e donne che hanno di fronte come sola possibilità, quella di tentare un impossibile riciclaggio contendendo ai propri figli/e un posto precario. 
Il disastro sociale per le ragazze e i ragazzi, privati non solo della pensione futura, ma del lavoro presente, giacché è palese come il permanere forzatamente sul lavoro dei più anziani, diventi una barriera insormontabile per le nuove generazioni, in un paese in cui la disoccupazione giovanile è ormai al 35 per cento e l'occupazione globale si restringe per le politiche recessive.

L'accanimento contro le donne, su cui continua a scaricarsi la doppia fatica del lavoro produttivo e riproduttivo, in un'organizzazione sociale in cui il perdurante sessismo si intreccia alle storiche carenze del nostro sistema di welfare, che certo non migliorerà per i tagli feroci prescritti dal pareggio di bilancio oggi, dal Fiscal Compact domani. Penalizzate nell'accesso al lavoro, nelle retribuzioni, nella precarietà dei contratti, nella maturazione dei requisiti per la pensione. Se un operaio potrà «sperare» di andare in pensione a 62 anni, dopo 42 anni e un mese di lavoro, l'operaia non riuscirà ad andare prima dei 67 perché la sua vita lavorativa, fra aspettative non retribuite, part time, periodi più lunghi di attesa per entrare nel lavoro stabile e rientrarvi dopo le gravidanze, non le permetterà di cumulare i 41 anni utili alla pensione cosiddetta anticipata ( oggi solo il 2% delle pensionate del settore privato ha più di 35 anni di versamenti).

La controriforma non è nata dai problemi di tenuta del nostro sistema pensionistico, la cui sostenibilità è stata attestata fino ed oltre il 2060 sia dagli organismi europei che dal nucleo di valutazione del ministero del Lavoro, e i cui saldi tra entrate contributive e uscite effettive al netto delle tasse, sono sempre stati in attivo dal 1998, attestandosi oggi intorno all'1,8% del Pil, come ci ricorda instancabilmente Roberto Pizzuti.

Le motivazioni sono state invece quelle di fare «cassa» nell'immediato e arrivare in prospettiva allo smantellamento del sistema pubblico a favore dei fondi privati: per dare nuova linfa ai processi di privatizzazione e speculazione finanziaria. La controriforma delle pensioni è il primo provvedimento «costituente» del governo Monti. Al pari della manomissione dell'articolo 18 e del via libera ai licenziamenti arbitrari, al pari dell'articolo 8 Sacconi-Berlusconi che svuota il contratto nazionale e cancella i diritti del lavoro, la controriforma delle pensioni ridisegna nel profondo i rapporti tra le classi, le relazioni sociali, persino le antropologie. Ed è emblematica della logica perversa dell'iperliberismo per cui la risposta alla crisi risiede nell'ipertrofia delle politiche che la crisi l'hanno causata: distruzione del welfare e incremento delle disuguaglianze di pari passo alla precarizzazione del lavoro e all' aumento vertiginoso dell'orario di lavoro settimanale, annuo e nell' arco dell'intera vita.

Per questo il referendum, per noi strettamente intrecciato a quelli sul lavoro. Crediamo sia ora che le persone si esprimano, che disperazione, rabbia, voglia di dignità e di rispetto per le proprie condizioni di vita, di lavoro e di reddito, si facciano sentire attraverso il protagonismo diretto dei soggetti. Contro chi ci ha sottratto il futuro, contro una riforma ingiusta e misogina che si accanisce contro i più deboli, la parola va restituita alle donne a agli uomini, che questo paese abitano, vivono e fanno progredire. Riprendiamoci il futuro. Abroghiamo la controriforma delle pensioni

Read more...

giovedì 25 ottobre 2012

Chi paga la crisi italiana

0 commenti

La spirale infernale è sempre più evidente, nonostante gli sforzi per nasconderla. Ora persino il Fmi ammette che le politiche di rigore impoveriscono le società e alimentano la crisi che dovrebbero risolvere. L'Italia è un paradigma di questo stato di cose. Negli ultimi due anni sono state varate manovre correttive (contenere la spesa e aumentare le entrate), pari a circa 130 miliardi. L'ultima di questi giorni, odiosa perché colpisce chi soffre (un altro miliardo e mezzo alla sanità, al netto della riduzione di oltre due dei trasferimenti agli enti locali), i giovani (un altro miliardo di tagli alla scuola pubblica) e, come sempre, il lavoro dipendente.

In particolare gli impiegati pubblici, che di qui al 2014 ci rimetteranno qualcosa come 7.000 euro a testa, senza considerare gli effetti dell'aumento dell'Iva. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, o quasi. Nell'ultimo anno il potere d'acquisto delle famiglie italiane si è ridotto di un altro 4,1% e i poveri sono aumentati del 15%. I consumi hanno registrato un calo del 4,5% e, mentre il 68% degli italiani dichiara di avere ridotto la spesa per l'alimentazione, il tasso di disoccupazione viaggia a gonfie vele verso l'11%. Se si dicesse la verità, si dovrebbe ammettere che i discorsi sull'imminente ripresa sono pure e semplici prese in giro, e ricordare che le previsioni per il 2013 oscillano tra -1% (Morgan Stanley) e -2,2% (Citigroup). Ma naturalmente di questo la propaganda di regime non parla, preferendo puntellare la periclitante immagine dell'ultimo (ad oggi) Uomo della Provvidenza.

Perché le cose procedano in questo modo non è un mistero. Questa crisi è un gigantesco affare per chi di affari nell'ultimo trentennio ne ha già fatti molti, lucrando sulla deregulation neoliberista e sulla privatizzazione post-democratica delle economie e delle istituzioni. Non è soltanto la fiera della speculazione finanziaria, è anche l'occasione per generalizzare il modello americano facendo piazza pulita degli ultimi diritti del lavoro, come insegnano la vicenda dell'art. 18 (e dell'art. 8), la vergogna degli «esodati» e l'ennesimo colpo inferto alle pensioni, con annesso piagnisteo della signora ministra. Siamo, insomma, a un passaggio-chiave della «grande trasformazione» post-bipolare che incardina la «fine della storia». Anche se non è chiaro dove si andrà a finire di questo passo, posto che siamo già al fondo del barile e che non è dato intravedere alcuna inversione di tendenza.

Ma se è abbastanza evidente chi ci guadagna e chi invece ci sta lasciando le penne, forse vale la pena di soffermarsi sugli argomenti con i quali la stampa di regime (la quasi totalità dei mezzi di informazione, a cominciare dal cosiddetto servizio pubblico radiotelevisivo) giustifica quest'andazzo, impedendo di fatto il formarsi di un'opinione pubblica consapevole di quanto accade e dei rischi che il paese corre. Gli argomenti, o piuttosto l'argomento. Perché, a ben vedere, si tratta, ancora una volta, della riedizione (l'ennesima) della tradizionale saga del privato contrapposto al pubblico. Dove, riformulando il celebre adagio mandevilliano, la scelta è tra i vizi pubblici e le private virtù.

La vergogna quotidiana degli scandali che coinvolgono parlamentari e consiglieri regionali corrotti o collusi sembra accreditare l'equazione tra politica e malaffare. Passare da qui alla grande narrazione sugli sprechi e le inefficienze delle pubbliche amministrazioni è un gioco da ragazzi. Così come accusare chi lavora nel pubblico di scarsa produttività, secondo la brillante teoria dell'ex-ministro per la Pubblica amministrazione fatta propria, in questi giorni, dal ministro dell'Istruzione e dell'Università. Corsi e ricorsi, vien fatto di dire. A vent'anni di distanza (questo è il paese dei ventenni e della memoria corta), ci ritroviamo alla casella di partenza, con una nuova orgia di corruttela e nuovi arringanti imprenditori dell'antipolitica. Come se Mani pulite non ci fosse mai stata, e politici e amministratori non venissero eletti dalla «società civile», che puntualmente si autoassolve in blocco.

Ma la madre di tutte le argomentazioni rigoriste è quella che, puntualmente, chiama in causa il debito pubblico, «colpa collettiva» che i pretoriani del risanamento rinfacciano a chiunque si permetta di fare osservare che la cura Monti (e Draghi) sta uccidendo il malato. Che cosa può pretendere un paese che «ha vissuto al di sopra delle proprie possibilità»? Che diritto ha un popolo di cicale di lamentarsi, o anche solo di sorprendersi, se, come in tutti i buoni apologhi, i nodi sono finalmente venuti al pettine e chi ha goduto sconsideratamente è chiamato a rispondere della propria imprevidenza? Poco o nulla, naturalmente, rileva che, lungi dal contribuire a ridurre l'indebitamento, il «rigore» contribuisca ad accrescerlo, deprimendo l'economia reale e riducendo di conseguenza il gettito fiscale. L'importante è agitare un argomento moralistico in apparenza incontrovertibile. E dotato di una forte valenza ricattatoria.
Ciò che dovrebbe essere facile osservare, è che tutti questi argomenti sono in larga misura infondati e capziosi. La corruzione della politica è innegabile, ma su quei 60 miliardi che la corruzione sottrae ogni anno all'economia sana del paese le responsabilità del privato (imprese e professionisti) pesano almeno quanto quelle di politici e pubblici amministratori. Senza contare le mafie (fatturato annuo superiore ai 187 miliardi), articolazione anch'esse - piaccia o meno - dell'economia privata. Quanto all'inefficienza del pubblico, si omette sistematicamente di considerare l'inadeguatezza delle risorse disponibili, mentre l'elogio del privato rimuove lo scandalo dei giganteschi trasferimenti di denaro pubblico alle imprese (per fare solo un esempio, la Fiat deve allo Stato - cioè a noi tutti - oltre metà della propria capitalizzazione) e, soprattutto, il tema delle responsabilità delle banche e delle finanziarie private all'origine di questa crisi. A proposito delle quali si finge di ignorare i comportamenti criminali tenuti ancora oggi dai dirigenti di molte banche europee (soprattutto tedesche e francesi, come ha ricordato Vladimiro Giacché), le cui attività ammontano a circa 43mila miliardi di euro, pari a decine di volte il loro capitale (e nientemeno che al 350% del Pil della Ue).

C'è poi - ma rimane misteriosamente a latere - la grande questione dell'evasione e dell'elusione fiscale: qualcosa come 290 miliardi di euro (il 20% del Pil) che l'efficientissimo e onestissimo privato imbosca ogni anno, sottraendoli al circuito della riproduzione legale. Cifre da record (l'Ocse informa che "meglio" di noi fanno soltanto Turchia e Messico), di cui però ci si dimentica quando si discetta sulle cause del dissesto della finanza pubblica. Come se non lo riguardasse il fatto che, per esempio, il 37% delle società di capitali si dice in perdita, e che meno della metà di esse presenta una dichiarazione dei redditi da cui risulti dovuto il versamento dell'Ires.

E così torniamo al debito pubblico. Che duemila miliardi di euro siano una montagna che rischia di schiacciare l'economia italiana, non si discute. Ma questa montagna di che pietra è fatta? Come hanno osservato di recente su queste pagine Luigi Cavallaro e Francesco Gesualdi (ma si vedano anche gli interventi disponibili sul sito www.umanista.info), quella del debito pubblico italiano è una storia molto istruttiva. Il fatto che esso si sia decuplicato tra il 1981 e il '95 (passando dal 58 al 121% del Pil) non consegue a un eccesso di spesa pubblica, bensì alla decisione (di governi e Banca d'Italia) di non impiegare la leva fiscale per finanziare politiche espansive e redistributive, e di usare invece il meccanismo dell'indebitamento per remunerare il capitale privato. L'esplosione del debito pubblico si deve all'aumento esponenziale della spesa per interessi, che, crescendo su se stessa (il Tesoro calcola che tra il 2011 e il 2015 la spesa per interessi passivi aumenterà di 27,3 miliardi, superando abbondantemente la soglia psicologica dei 100 miliardi), ha comportato in questi trent'anni un esborso di 2141 miliardi di euro, di gran lunga superiore all'ammontare dell'intero debito. Il che spiega perché in Italia si registri, a fronte di uno Stato super indebitato, il più basso indebitamento privato (pari al 42% del Pil, contro il 51% della Francia, il 63% della Germania e il 103% del Regno Unito).

Quale morale trarre da queste considerazioni? Si potrebbe dire, con Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani, che la razza padrona imperversa e incassa alti dividendi. Solo che non si tratta di quella «borghesia di Stato» che loro intesero smascherare, bensì proprio degli eroi del «libero mercato», che dovrebbero incarnare, stando alla morale corrente, le virtù del coraggio e della rettitudine. Detto questo, un dilemma resta. Come mai non c'è nessuno nel centrosinistra che denunci tale stato di cose nel tentativo di impedire il gioco al massacro che si sta consumando sulla pelle delle classi subalterne di questo paese? È un dilemma vero e proprio, per risolvere il quale tre ipotesi si contendono la scena. Il centrosinistra è talmente subalterno all'ideologia neoliberale da non vedere? O il ceto politico è mosso da interessi particolari di autotutela, per cui vede ma non reagisce? Oppure, infine, lascia correre affinché la situazione diventi grave al punto di favorire una rivolta popolare, capace di travolgere questo marcio sistema? Chi legge valuterà quale ipotesi sia la più plausibile. Di certo il dilemma è serio e si dovrebbe cercare di risolverlo al più presto.
Read more...

Sabato 27 tutte/i a Roma!

0 commenti

La semplice idea di realizzare per il 27 ottobre una manifestazione pacifica e di massa contro le politiche di questo governo ha creato e sta creando aspettative e malumori. Promossa da forze politiche e sociali che non godono dei favori della ribalta, che non meritano la prima serata televisiva, apre contraddizioni enormi fra le persone stesse. Al di là delle adesioni confermate e degli impegni presi – ad oggi è previsto l’arrivo di un centinaio di pullman di cui la metà organizzata dal nostro partito – la si vorrebbe bollare in partenza come manifestazione minoritaria e tipica del “populismo di sinistra” ma i contenuti di cui è animata, fanno riflettere.
Il “No Monti” è un esplicito no alle politiche di austerity che stanno portando alla fame e ad una recessione irreversibile il Paese, un no al “fiscal compact” e ai tagli che questo comporta, un no alla demolizione del concetto di bene comune verso un contesto in cui tutto, anche le persone sono solo e soltanto merce. Ma racchiude anche una varietà di proposte politiche che arrivano dal basso, da chi si occupa nelle vertenze in atto, di difendere la qualità dei posti di lavoro, da chi considera il precariato una sciagura da evitare. Uomini e donne lontani anni luce dallo stuccoso dibattito sulle primarie, che invece di rinunciare alla politica cercano e propongono  una alternativa, sentendosi nelle stesse condizioni di tanti paesi europei: Grecia, Spagna, Portogallo, Francia e non solo. Uomini e donne che vivono sovente una condizione di “non rappresentanza” e che pretendono di far sentire la propria voce. Ovvio che per l’informazione dominante simili aggregazioni siano da considerare come elementi non compatibili, al di fuori dalla politica dei salotti buoni. Sono le stesse testate che stanno dando ampio risalto a Grillo e a un Movimento 5 stelle che, per le modalità monarchiche e messianiche in cui è gestito servono come il Valium ad ogni forma di contestazione. Non a caso, in contemporanea, coloro che si riconoscono in detto movimento, se ne staranno chiusi nel Palazzo della Regione Lazio, ad elaborare le prime tracce di un programma “partecipato”. Una contraddizione in termini. Sarebbe stato prezioso e utile che l’intero arco della sinistra che si dichiara contraria alle politiche governative, avesse preso la decisione di partecipare a questa manifestazione o comunque di interloquirci. Invece si è preferito, dai vertici, bollarla come minoritaria e di nicchia, come una manifestazione “vetero”. Alcuni giornali soffiano anche sul fuoco della possibilità che durante il percorso (partenza alle ore 14.30 da Piazza della Repubblica e arrivo a P.zza S. Giovanni) si possano verificare incidenti. Alimentare la paura fa spesso comodo. Fa meno comodo dire che ad aprire il corteo saranno alcuni malati di Sla le cui condizioni di assistenza sono messe in profonda crisi grazie a quella mannaia che si abbatterà sul sistema sanitario grazie al patto di stabilità.  Eppure, nei sussurri che circolano fra i social network, in quel dibattito informale spesso più importante e stimolante delle grandi dichiarazioni, ci si sente dire:«Io sabato vengo in piazza». Si obbedisce ad una propria coscienza civica e politica più che alle scelte fatte da dirigenti lontani. La manifestazione di sabato è organizzata con infinite difficoltà logistiche e si concluderà con una assemblea in cui gli oratori non avranno a disposizione palchi stratosferici ma un camion. In piazza ci saranno gli spazi del Prc per raccogliere firme per i referendum su pensioni, ripristino dell’articolo 18 e abolizione dell’art. 8Saremo in tanti e in tante, più di quanto ci si aspetta, forse troppi per chi vorrebbe ridotto il confronto politico ad un talk show televisivo. Ma sarà una bella manifestazione. Peccato per chi sceglierà di restare a casa. 

Read more...

domenica 21 ottobre 2012

Belgio, la sinistra comunista raddoppia nelle amministrative

0 commenti

Le elezioni amministrative in Belgio tenutesi lo scorso 14 ottobre, coinvolgendo circa 8 milioni di elettori, hanno configurato un quadro politico inedito, con qualche conferma e qualche sorpresa rispetto alle previsioni della vigilia.
Per prima cosa l'insieme delle forze della sinistra comunista raddoppia il numero degli eletti rispetto allo scorso turno amministrativo e aumenta i consensi in ogni singolo comune dove ha presentato delle liste. La media nazionale si attesta intorno al 6% con punte che superano il 13% nelle zone di Liegi. L’artefice principale di questa avanzata è stato il PTB , il Partito del Lavoro del Belgio, che avanza più del previsto nel nord del paese e nei grandi centri urbani, come Liegi, Anversa e Bruxelles. Lo straordinario risultato nella zona fiamminga del paese da parte del PTB e’ ancora piu’ importante alla luce dell’avanzata dell’estrema destra dell’ NVA.
In ogni caso per la prima volta in Belgio la protesta proletaria va a sinistra. Per la prima volta in Vallonia, da 20 anni a oggi, i comunisti (PTB e gli altri pezzi della sinistra comunista) superano l'estrema destra. Come sappiamo in situazioni di crisi non è affatto scontato che la protesta si incanali verso la sinistra politica, anzi è vero spesso il contrario come dimostrato di recente in grecia con l’avanzare dei neonazisti di Alba Dorata.
Ma il sapiente e continuo lavoro di radicamento politico, lavoro di massa si sarebbe chiamato un tempo, sta cominciando a dare i suoi frutti. All'interno delle maggiori lotte sociali che stanno attraversando il Belgio, come la chiusura delle acciaierie della Arcelor Mittal, la sinistra comunista e sopratutto il PTB ne è un protagonista accanto ai lavoratori, ricevendo plausi e sostegno anche da larga parte delle centrali sindacali tradizionalmente molto vicine al partito socialista.
Laddove le forze della sinistra comunista si sono presentate in liste comuni con un unico simbolo il risultato é stato migliore della somma delle singole liste. Restano margini di miglioramento per una maggiore convergenza tra il variegato arcipelago comunista (di cui fanno parte oltre al PTB anche il Partito Comunista, alcuni raggruppamenti troskista e il Partito Umanista) sopratutto in alcune aree del sud del Belgio. Diciamo che l’unitá delle forze anti-capitaliste dimostra ancora una volta di essere visto come un fenomeno molto positivo da parte dei lavoratori e dei soggetti sociali piú deboli. Buono il risultato dei compagni del PRC e del PdCI candidati in diverse liste della sinistra, che conferma l’obiettivo delle forze che fanno parte della Federazione della Sinistra di incrementare il livello di cooperazione con i partiti belga, in modo da rappresentare in maniera piú adeguata e sistematica le esigenze della comunitá migrante italiana in Belgio.
Nelle Fiandre netto avanzamento della destra dell'NVA, partito nato solo sei anni fa con un chiaro programma di estrema destra sia in politica che in economia, separatista e xenofobo, purtroppo sostenuto dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione, che cresce e si impone pesantemente inglobando al suo interno molti personaggi di ispirazione neofascista che fino a ieri facevano riferimento al Vlaams Belang, un partito dichiaratamente neonazista.
Il partito Socialista francofono del premier Di Rupo pur soffrendo in alcune aree del paese non ha registrato il pesante calo pronosticato alla vigilia, anzi nelle sue aree storiche di radicamento del sud del Belgio registra anche qualche aumento dei consensi. Visto il buon risultato delle destre nel nord, da molti letto come una risposta alle politiche recessive e antisociali del governo DiRupo, si apre una fase di riequilibrio all'interno della coalizione di governo nazionale che riunisce quasi tutto lo schieramento politico belga in uno schema simili al governo Monti. Bene hanno fatto i verdi di Ecolo/Groen e i liberali. Una certa flessione è stata registrata in casa dei democristiani del CD&V. Il Partito dei Pirati ottiene un risultato inferiore al 2´%, recuperato sopratutto nei grandi centri urbani.
La netta avanzata delle forze della sinistra comunista, riconosciuta per forza di cose anche dai partiti maggiori e dalla stampa, apre uno scenario in cui, dopo circa un ventennio di marginalità, le forze a sinistra del partito socialista in un paese con forte tradizione socialdemocratica, stanno capitalizzando a livello elettorale il loro crescente radicamento sociale. Questo apre un ottimo orizzonte alla possibilità che la sinistra comunista belga torni a difendere i diritti dei lavoratori e dei soggetti investiti dalla crisi dagli scranni del parlamento nazionale alle prossime elezioni generali del 2014.

Read more...

Nella Manovra la revisione dell'ISEE. A rischio milioni di prestazioni sociali.

0 commenti

Nella manovra ‘Salva-Italia’ è presente una preoccupante misura di cui nessuno parla, ma che potrebbe avere un impatto pesante sul versante sociale: la revisione dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente), che dovrebbe avvenire entro il 31 maggio 2012 per entrare in vigore a partire dal 2013. L’ISEE, per chi non lo sapesse, è la dichiarazione richiesta per accedere a prestazioni sociali agevolate.
La misura è presente nell’articolo 5 della manovra e ridisegna in poche righe le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE introducendo novità importanti in un settore delicato che intreccia fisco ed assistenza. Tra gli elementi da considerare per determinare il nuovo indicatore, oltre che un maggior peso del patrimonio di ciascun componente del nucleo, vengono inclusi la percezione di somme anche se esenti da imposizione fiscale e i pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo. Questo significa che saranno calcolate, anche se esenti da Irpef, tutte le provvidenze assistenziali agli invalidi civili, ai ciechi e ai sordi, alcune borse di studio, l’assegno sociale. Inoltre, vengono riconosciute come beneficiarie ‘privilegiate’, attraverso l’abbassamento della soglia ISEE, le famiglie numerose con più di due figli senza calcolare altri gradi di parentela. Insomma, una politica miope che non tiene conto dei reali problemi che vivono le famiglie, ma che riconosce solo l’idea della famiglia “tipo” marito-moglie-figli.
Per quanto riguarda i campi di applicazione, l’articolo 5 prevede espressamente che l’ISEE deve essere applicato per le agevolazioni fiscali (es. carichi di famiglia, spese di assistenza, ecc.), le agevolazioni tariffarie (elettricità, gas, asporto rifiuti ...) e, novità assoluta, le provvidenze di natura assistenziale (es. pensione e indennità per gli invalidi civili, assegni e pensioni sociali ecc.). Attualmente l’ISEE è applicato per un numero limitato di servizi e benefici, altri ne sono esclusi come anche lo è l’accesso a prestazioni monetarie come pensioni e assegni per gli invalidi, per cui si fa riferimento al reddito personale o al massimo a quello del coniuge. Dunque, è prevedibile che dal primo gennaio 2013 molte agevolazioni e provvidenze, come l’indennità di accompagnamento, non siano più riconosciute a quelle persone che superano la soglia, da individuare attraverso uno specifico decreto, del nuovo ISEE. C’è da segnalare che nel testo si raccomanda la differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni, ma questo non riduce la gravità e il potenziale danno che il provvedimento contiene, soprattutto se viene precisato che dall’attuazione del nuovo articolo “non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, ma anzi, nella parte finale dell’articolo si prevedono espressamente dei risparmi rispetto ad oggi. Risparmi destinati all'attuazione di politiche sociali e assistenziali, senza specificare neanche un preciso rifinanziamento del Fondo per le Politiche Sociali, ridotto all’osso dal precedente Governo (69 milioni per il 2012 e 44 per il 2013) o del Fondo Non Autosufficienza, addirittura azzerato.
Dopo il tentativo, riuscito, del precedente Governo di smantellare un sistema pubblico e universalistico per sostituirlo con un modello residuale e caritatevole, oggi il Governo Monti prova a completare l’opera introducendo un sistema di welfare di stampo familistico. Chiesa, Udc, Cisl e tanti altri ringraziano.

Read more...

venerdì 19 ottobre 2012

Pomigliano, la Corte d'Appello conferma la condanna: "Fiat non può escludere la Fiom nelle assunzioni"

0 commenti

La Fiat proprio non ce la fa a spuntarla contro la Fiom. Non sul piano legale, almeno. La Corte d'Appello del Tribunale di Roma ha respinto il ricorso dell’azienda su Pomigliano d'Arco condannandola ad assumere i 145 lavoratori della Fiom. Uno smacco senza precedenti per Sergio Marchionne che sull’esclusione del sindacato dei metalmeccanici della Cgil da Fabbrica Italia, e da Pomigliano, ha puntato tutto.
"Si tratta di sanare una discriminazione e un'ingiustizia", commenta il segretario nazionale della Fiom, Giorgio Airaudo. "Gia' da mesi quella sentenza e' esecutiva – sottolinea Airaudo e ora la Corte d'appello la conferma".
Lo scorso 21 giugno il Tribunale di Roma aveva condannato la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano disponendo che 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Maurizio Landini venissero assunti nella fabbrica. Alla data della costituzione in giudizio alla fine di maggio su 2.093 assunti da Fabbrica Italia Pomigliano nessuno risultava iscritto alla Fiom. Ad agosto la Corte d'appello aveva giudicato ''inammissibile'' la richiesta della Fiat di sospendere l'ordinanza di assunzione per i 145 iscritti alla Fiom riconoscendo una discriminazione ai danni del sindacato nelle riassunzioni dei dipendenti dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco.
La leader della Cgil Susanna Camusso, che rispetto a Fabbrica Italia aveva invitato la Fiom ad apporre la “firma tecnica”, si è limitato a commentare la sentenza con un laconico “è una buona notizia”.
''La notizia è molto positiva – dice il parlamentare europeo Sergio Cofferati, ex segretario generale della Cgil - e pone fine a un'inaccettabile vicenda''. ''La discriminazione contro gli operai iscritti alla Fiom – aggiunge -era palese, tanto che avevo presentato insieme con Andrea Cozzolino una interrogazione sul tema alla Commissione europea, mettendo in luce che neppure uno dei lavoratori riassunti dalla Newco Fabbrica Italia Pomigliano risultava essere iscritto alla Fiom (che pure contava 850 lavoratori iscritti prima del referendum)”. Cofferati parla senza mezzi termini di “ricatto di Fabbrica Italia”, basato “sulla promessa d'investimenti che mai verranno messi in campo, sulla compressione dei diritti e delle condizioni materiali dei lavoratori e sulla vergognosa esclusione dalle fabbriche dei sindacati che non firmano gli accordi”,

Read more...

Da assumere 145 operai Fiom', respinto ricorso della Fiat L'azienda si riserva il ricorso in Cassazione 19 ottobre, 15:39 Operai all'esterno dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco

0 commenti

La Corte d'appello di Roma ha dato ragione alla Fiom sulla assunzione di 145 lavoratori iscritti al sindacato dei metalmeccanici Cgil nello stabilimento della Fiat di Pomigliano D'Arco. Lo fa sapere la Fiom. Ma la Fiat si riserva "ogni tipo di iniziativa legale di opposizione, incluso il ricorso alla Corte di Cassazione".

Lo scorso 21 giugno il Tribunale di Roma aveva condannato la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano disponendo che 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Maurizio Landini venissero assunti nella fabbrica. Alla data della costituzione in giudizio alla fine di maggio su 2.093 assunti da Fabbrica Italia Pomigliano nessuno risultava iscritto alla Fiom. Ad agosto la Corte d'appello aveva giudicato "inammissibile" la richiesta della Fiat di sospendere l'ordinanza di assunzione per i 145 iscritti alla Fiom riconoscendo una discriminazione ai danni del sindacato nelle riassunzioni dei dipendenti dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco.

Il segretario generale della Fiom-Cgil, Maurizio Landini, si è detto molto soddisfatto dell'esito del ricorso della Fiat su Pomigliano d'Arco sottolineando che è stata una vittoria della democrazia. La Corte d'appello di Roma - ha spiegato a Radio articolo1 - ha condannato il Lingotto ad assumere i 145 metalmeccanici della Cgil lasciati fuori dai cancelli della newco. "E' importante che sia stato riconosciuto questo diritto alle persone che lavorano" ha detto Landini, riservandosi un commento più dettagliato dopo la lettura delle motivazioni della Corte. "Su 2.000 assunzioni non vi era neanche un iscritto alla Fiom Cgil, si trattava quindi di una discriminazione esplicita. Tra l'altro - ha ricordato - su Pomigliano si era già pronunciato il Tribunale di Torino, e il giudice aveva riconosciuto alla Fiom di poter eleggere le Rsa e di poter fare le assemblee. E' chiaro che non avere neanche un iscritto non permetteva nemmeno di agire questi diritti. Resta il fatto - ha concluso - che siamo in presenza di una Fiat che non sta applicando le leggi del nostro Paese".

"Una buona notizia". E' il commento della leader della Cgil, Susanna Camusso sulla decisione della Corte d 'Appello di Roma che ha dato ragione alla Fiom sull'assunzione dei 145 lavoratori di Pomigliano. Camusso conclude oggi gli Stati Generali della Cgil lombarda.


Read more...

Atene. La troika uccide, coi gas

0 commenti

I gas lacrimogeni tossici usati dalla polizia greca contro i dimostranti hanno fatto una nuova vittima. Partecipazione record allo sciopero generale non solo ad Atene ma in tutta la Grecia.
Avevamo raccontato ieri in diretta l'aggressione a freddo dei reparti speciali della Polizia ellenica contro i manifestanti ad Atene, quando tutto era tranquillo e decine di migliaia di giovani e lavoratori si avvicinavano a Piazza Syntagma in assenza di scontri. I MAT avevano spezzato in due il corteo a qualche centinaio di metri dalla meta finale, provocando inutili e ingiustificate tensioni e rispondendo alle giuste rimostranze dei sindacalisti inondandoli di gas lacrimogeni. La tensione si era alzata ma il corteo aveva continuato a scorrere e solo qualche decina di minuti a Piazza Syntagma era continuata la tradizionale battaglia tra gruppi di manifestanti che avevano cercato di forzare i cordoni a difesa del Parlamento e centinaia di poliziotti in assetto antisommossa che avevano cominciato a inondare la spianata di gas velenosi. Quei gas che hanno poi causato la morte di un anziano manifestante, stroncato da un infarto come era già avvenuto lo scorso anno ad un altro lavoratore, anche in quel caso aderente al Pame.
A un giorno di distanza il governo ellenico si guarda bene dall'assumersi le sue responsabilità per la morte dell'ex lavoratore marittimo rimasto disoccupato. Come d'altronde hanno sempre fatto i loro omologhi di Madrid ogni qualvolta le palle di gomma sparate dalla polizia spagnola ad altezza d'uomo hanno mietuto qualche vittima tra i manifestanti. Nessuna dimissione, nessuna colpa, nessun cambiamento nei metodi brutali usati dalle rispettive polizie contro gente inerme. Al massimo un 'circostanziale' e obbligato cordoglio per la 'tragica fatalità'.
La vittima di ieri - che dovrebbe cominciare a porre ad un sindacato combattivo e organizzato come il Pame il problema dell'autodifesa dei suoi militanti quando vanno in piazza - è morta in una giornata caratterizzata da una buona riuscita dello sciopero generale e delle manifestazioni convocate in decine di città. Se ad Atene sono scese in piazza quasi 100 mila persone,considerando i due appuntamenti, moltissime altre hanno manifestato in altre località grandi e piccole, a volte facendo seguire occupazioni e blitz di denuncia ai cortei. Alcuni particolari in più ce li fornisce la cronaca da Atene del corrispondente de Il Manifesto.




Grecia in piazza, una vittima

Argiris Panagopoulos 

Centomila ateniesi hanno manifestato ieri di fronte al parlamento il loro rifiuto delle politiche dei nuovi tagli di 13,5 miliardi e dei tentativi della troika europea di eliminare l'intera legislazione che protegge i diritti dei lavoratori. Mentre nel corteo del sindacato comunista Pame, il manifestante Xenofon Lougaris è morto per un attacco cardiaco a poca distanza da piazza Syntagma probabilmente a causa della respirazione dei gas e delle sostanze chimiche che stava utilizzando la polizia nella zona per disperdere i «soliti ignoti» che avevano attaccato con pietre, pezzi di marmo e molotov reparti dei celerini nel momento che entrava in piazza il grande corteo dei sindacati, dei movimenti e dei partiti di sinistra.
La polizia ha utilizzato a dismisura le sue forze nel tentativo di disperdere i pacifici manifestanti e lasciare praticamente indisturbati i «soliti ignoti» di muoversi nelle vicinanze senza grandi problemi. La polizia ha fatto 7 arresti e 103 fermi, mentre ci sono stati almeno 3 manifestanti feriti.
La morte del 65enne disoccupato da lungo periodo che apparteneva al Pame, sindacato di riferimento del Kke, ha commosso il paese e ha accresciuto la rabbia della gente, mentre la polizia insiste a dire che il manifestante ha avuto l'attacco cardiaco lontano dagli incidenti. Il Kke ieri sera ha sottolineato che Xenogon Lougaris «se n'è andato lottando insieme con altre migliaia di lavoratori, giovani e dei suoi compagni di lavoro disoccupati, per i diritti del lavoratori», mentre medici e deputati di Kke e di Syriza sono rimasti fino a sera tardi all'ospedale di Evangelismos per avere notizie sui motivi della morte del manifestante. L'annuncio nel parlamento greco della morte di Lougaris ha scatenato l'ira dei deputati di sinistra che si trovavano dentro il parlamento per vari motivi. Lo sciopero generale di ieri, il quinto in un anno, è riuscito molto meglio di quello di dieci giorni fa e la manifestazione è stata imponente, più di quella dello sciopero generale dell'8 ottobre che della protesta per la visita della Merkel ad Atene il giorno dopo.
Il corteo dei sindacati dei settori pubblico e privato, Gsee e Adedy, e dei movimenti si è snodato per più di due chilometri e quando la testa era in piazza Syntagma la coda ancora non partiva dal Campo di Marte, vicino al Politecnico. Il corteo del Pame era passato per primo per dissolversi subito, perché il Kke preferisce che la sua gente non resti nelle piazze con i manifestanti degli altri cortei. La morte di Xenogon Lougaris ha fatto pensare ieri a tutti all'altra tragica morte di un manifestante del Pame l'anno scorso, sempre dopo aver «respirato» i gas della polizia. I manifestanti e attivisti di piazza Syntagma hanno espresso molte volte le loro perplessità perché i militanti di Pame manifestano a viso aperto senza protezione, come fanno ormai tutti, di mascherine semplici o malox e altro medicine.
Il ritorno degli ateniesi nelle strade dimostra anche l'impatto che hanno avuto le nuove misure tra i lavoratori, i pensionati, i disoccupati e specialmente i giovani. Per l'ennesima volta le manifestazioni di protesta vedevano la sinistra d'opposizione divisa, tra i cortei del Pame del Kke e quelli dei sindacati, i movimenti e gli altri partiti di sinistra.
Molto grandi erano le proteste anche nel resto della Grecia. A Salonicco, la seconda città del paese, alla testa del corteo si sono trovate le ambulanze del servizio nazionale della sanità Ekab che avevano messo le loro sirene a funzionare per protestare contro i tagli. Quando il corteo è arrivato di fronte al ministero della Macedonia e Tracia, le ambulanze lo hanno circondato e manifestanti hanno gettato spazzatura all'ingresso.
La rabbia dei lavoratori nel comune di Patrasso, la terza città greca, ha diviso il grande corteo di protesta, perché gli impiegati nell'amministrazione locale e molta gente volevano passare di fronte al municipio per protestare contro la privatizzazione dei servizi della raccolta della spazzatura. Quasi tutti i negozi della città sono rimasti chiusi e le caffetterie offrivano gratis caffè ai manifestanti. A Kalamata, sempre nel Peloponneso, gli ingegneri civili hanno assediato la sede locale della Banca Centrale di Grecia, mentre nel vicino Nafplio il Pame e i contadini hanno occupato l'ente per i sussidi di disoccupazione Oead, a Sparta manifestanti hanno assediato gli uffici di tre deputati locali chiedendo di non votare i tagli. A Canea, a Creta, il grande corteo è finito di fronte alla sede del governo locale, che era isolato dai grandi macchinari per costruire opere pubbliche, mentre a Herakleio i manifestanti hanno occupato la sede del Centro di Decentramento di Creta. Nell'isola di Samos si era svolta l'unica manifestazione unitaria tra i sindacati confederali e il Pame, con la partecipazione in piazza di tutte le anime della sinistra greca che lotta contro Samaras e i tagli, ormai insopportabili per tutti, della troika.

Read more...

Grecia, un morto negli scontri con la polizia ad Atene in piazza Syntagma

0 commenti


Mentre la Merkel vuole la capitolazione dei stati attraverso l'abolizione della sovranità, l’Europa si infiamma. E’ la Grecia, dove da due giorni è in corso uno sciopero generale, a pagare un prezzo molto alto. Oggi durante le proteste contro il drammatico piano di austerità un uomo di 66 anni è morto negli scontri contro la polizia. E’ avvenuto in piazza Symtagma, dove agenti in tenuta anti sommossa hanno alzato un cordone per impedire ai manifestanti di arrivare davanti al Parlamento.
L’uomo, che secondo una prima ricostruzione è morto di infarto dopo un fitto lancio di lacrimogeni, era un lavoratore marittimo iiscritto al Pame, il sindacato vicino al Partito comunista di Grecia (Kke). Appena appresa la notizia il partito ha deciso di far tenere un minuto di raccoglimento in sua memoria nel corso della manifestazione. Dal corteo sono arrivati diversi lanci di pietre e bottiglie incendiarie verso la polizia che ha risposto con gas lacrimogeno.
Oggi, in Grecia è in corso uno sciopero generale indetto dai sindacati - il quarto dall'inizio dell'anno - per protestare contro le misure di austerità adottate dal governo, nel giorno in cui a Bruxelles si riuniscono i capi di Stato e di governo dei paesi dell'Unione Europea.
Colpiti soprattutto i trasporti pubblici, i collegamenti ferroviari, marittimi e aerei, con molti voli annullati. Ad Atene la metro si è fermata alle 8 (ora italiana) e anche i tassisti scioperano tutto il giorno.
Secondo Paolo Ferrero, segretario del Prc, la morte di un manifestante ad Atene e il tentato suicidio di un disoccupato a Roma davanti al Quirinale "sono il frutto diretto delle politiche europee che affamano, uccidono e distruggono ogni sicurezza sociale: sono politiche criminali". "Di fronte a queste politiche è necessario anche in Italia costruire un movimento di massa - aggiunge Ferrero -. Per questo sabato 27 ottobre saremo in piazza a Roma, a manifestare contro il governo Monti, che di quelle politiche antipopolari è il fedele esecutore nel nostro paese".
Nuovi aggiornamenti dai media greci sulla morte di questa mattina.
L'uomo non era assolutamente coinvolto negli scontri ed è deceduto a seguito del ricovero in ospedale. Nel momento degli scontri iniziali e violenti tra la polizia e i giovani, circa un centinaio e con il viso coperto da un cappuccio nero sono decine le persone scappate in  preda al panico nelle strade laterali, per evitare  il lancio di  lacrimogeni e bottiglie molotov. Gli scontri sono andati avanti per circa due ore.
Il corteo si è aperto con uno striscione: "Non ci ascoltano? noi non possiamo sostenere piu' l'austerity". 

Read more...

martedì 16 ottobre 2012

Dal 15 al 21 ottobre… una settimana per il reddito garantito! Ferrero (Prc): Reddito si può finanziare con patrimoniale. Mobilitiamoci!

0 commenti

Nel giugno scorso un'ampia coalizione di associazioni, reti sociali, partiti, movimenti, comitati, collettivi ha lanciato la campagna per un reddito minimo garantito in Italia. Una campagna nata intorno ad una proposta di legge di iniziativa popolare che intende istituire anche nel nostro Paese una garanzia per il reddito per coloro che sono precari, disoccupati e inoccupati, oggi soprattutto giovani, donne e Working Poor.
Parte da oggi e proseguirà fino al 21 ottobre "LA SETTIMANA PER IL REDDITO GARANTITO". Una settimana comune, per tutti coloro che partecipano o vogliono partecipare alla campagna e alla raccolta firme, in cui realizzare concerti, banchetti, assemblee.
Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista, organizzazione che ha aderito alla campagna sul reddito, spiega il motivo dell'adesione: "La legge di stabilità è una stangata contro le fasce più deboli della popolazione che colpisce soprattutto poveri, anziani, persone con disabilità e le loro famiglie. Noi riteniamo necessario invertire la rotta e per questo sosteniamo la raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare per il reddito minimo garantito: 600 euro al mese per tutte le persone (inoccupati, disoccupati, precari) che non superino gli 8000 euro annui, da finanziarsi con una tassa patrimoniale su chi ha più di 800.000 euro di ricchezza. Proprio oggi parte la settimana per il reddito minimo garantito, con iniziative in tutta Italia, fino al 21 ottobre: invitiamo tutte e tutti a mobilitarsi e aderire".
Info sulla settimana per il reddito minimo: www.redditogarantito.it


Read more...

domenica 14 ottobre 2012

Operai di rabbia e di lotta

0 commenti

La lotta di classe c’è stata in questi anni, peccato che a dichiararla, e a vincerla, siano stati i ricchi contro i poveri. Con il risultato che il 15% della ricchezza nazionale si è spostata dai salari e dalle pensioni ai profitti e alle rendite, più di 250 miliardi volati dal basso all’alto. «Se ci siamo beccati vent’anni di Berlusconi è perché da vent’anni il lavoro in Italia non è più rappresentato», grida Maurizio Landini a un pubblico di 5 mila delegati determinati, in attesa della proposta finale del segretario della Fiom. Eccola: «Il 16 novembre sciopero generale della categoria, nello stesso giorno della mobilitazione nazionale degli studenti. Per riunificare le lotte, per non lasciare solo chi, come noi, è colpito dalle politiche del governo». Un’ovazione, tutti in piedi, chi con gli occhi umidi, chi a chiedere scherzosamente al vicino: «Ma che sostanza usa Maurizio?».
Un Landini scatenato, capace di raccogliere un sentimento condiviso al Palasport di Modena, ha duramente criticato le politiche del governo Monti. Sull’ultima manovra il segretario Fiom è stato netto: «Riduce l’Irpef per aumentare l’Iva, è una truffa. Gli incapienti che non arrivano a 8 mila euro, con l’aumento dell’Iva prenderanno ancora meno. In un paese in cui 9 milioni di cittadini non hanno i soldi per curarsi, tagliano i fondi per la sanità, con il rischio aggiuntivo che questi tagli facciano saltare in aria il settore biomedicale di Mirandola, già duramente colpito dal terremoto. Per il bene di chi, hanno fatto queste scelte? Dicono che il governo Monti fa il bene dell’Italia, ma di quale Italia parlano? Prima se ne va, meglio è».
Da oggi i militanti della Fiom saranno nelle piazze e davanti alle fabbriche a raccogliere firme per i due referendum sul lavoro, per abolire l’art.8 della manovra berlusconiana che rottama il contratto nazionale e per ripristinare nella sua interezza l’art.18, che impediva i licenziamenti individuali senza giusta causa. Sarà un caso, ma le prime vittime del nuovo corso montiano, sono per il 75% iscritti alla Fiom. «A chi ci dice che non ha senso raccogliere queste firme perché tanto prima del 2014 non si potrà votare, rispondo che lo sapevamo anche noi». E allora? Allora attivare le procedure per i referendum serve a costringere chi si candida a guidare il paese a prendere posizione sul lavoro e i diritti, la Fiom non intende fare sconti a nessuno. «Poi, se il governo che uscirà dalle urne ripristinerà l’art.18 violato dal duo Monti-Fornero con Pd, Pdl e Udc nella squadra, se abolirà l’ignominia dell’art.8 berlusconiano, allora dei referendum non ci sarà più bisogno. Se questo non avverrà, è giusto che i cittadini dicano la loro e decidano».
Ad alzare la palla sotto rete a Landini perché la schiacciasse contro il governo liberista di Monti è stato uno dei padri del giuslavorismo italiano, Umberto Romagnoli: «Tra Berlusconi e Monti c’è una discontinuità e una continuità. La discontinuità è mediatica, Monti non balla il bunga-bunga, sa vestire e stare a tavola; la continuità è sostanziale e riguarda le politiche del lavoro. Riguarda quel che Monti ha fatto – la riforma delle pensioni di Fornero sarebbe ridicola se non avesse effetti drammatici per centinaia di migliaia di lavoratori, per non parlare dell’art.18 – e quel che non ha fatto». Romagnoli ha ricordato come l’art.19 dello Statuto sulla rappresentanza e la democrazia sindacale, aveva un senso in un quadro di unità sindacale mentre con la frattura che si è determinata non impedisce «che il sindacato con il più alto profilo storico e culturale, che siete voi in questo palazzetto, venga espulso dalla Fiat». E per ricucire questa ferita, pensano con Romagnoli e Landini tutti i 5 mila delegati Fiom, bisogna muoversi subito. Serve la legge, «serve la politica di cui oggi lamentiamo l’assenza», conclude Romagnoli.
Se salta la democrazia nei posti di lavoro, se a scegliere gli interlocutori sindacali sono i padroni e non i dipendenti, se questi ultimi non possono eleggere i loro rappresentanti e votare sugli accordi e i contratti che li riguardano, allora è a rischio la democrazia. Dovrebbe saperlo, insiste Landini, chi si candida a guidare il paese, e dovrà essere chiaro con gli elettori. Sinistra dove sei? Cosa pensi? Con chi stai? Se lo domandano i delegati di Pomigliano e dell’Ilva di Taranto, della Fincantieri e dell’Alcoa e delle mille fabbriche di ogni dimensione in cui gli operai della Fiom si battono per salvare lavoro, diritti, sistema industriale. Ma quel che più preoccupa la Fiom è l’assenza di una politica industriale e la subalternità del governo alle imprese, al modello Marchionne a cui si riconosce il presunto diritto a fare quel che vuole e fuggire dove vuole. «Adesso in molti criticano Marchionne, all’inizio c’eravamo solo noi e in tanti ci dicevano che dovevamo accettare il ricatto o il lavoro o i diritti e spiegavano agli operai come avrebbero dovuto votare. Persino quel ragazzo che diceva di stare con Marchionne senza se e senza ma ora lo critica. Va tutto bene, ma tutti questi signori dovrebbero avere la decenza di chiedere scusa non alla Fiom, ma agli operai di Pomigliano e Mirafiori che hanno avuto il coraggio e la dignità di rifiutare quel ricatto». E giù altri applausi.
Mentre la Fiom chiede a Fim Uilm e Federmeccanica di fermarsi, di non procedere sulla strada di un nuovo contratto separato; mentre propone un anno di riflessione comune per ristabilire regole democratiche della rappresentanza e propone un impegno comune per il lavoro, l’occupazione, la ricerca e gli investimenti; mentre, sempre la Fiom, chiede di sostenere le imprese che si impegnano a fare contratti di solidarietà, a investire per il futuro, a ridurre l’orario per distribuire tra tutti il lavoro che c’è; mentre di questo si parla a Modena, a Roma la Confindustria con il sostegno del governo Monti che chiede un accordo sulla produttività, vuole dai sindacati un allungamento dell’orario e salari legati alla produttività. Quel tavolo di confronto, dice Landini, con queste premesse, va abbandonato. Lo dice innanzitutto alla Cgil. E la Federmeccanica, da cui se n’è andata la Fiat, ha fatto sua la filosofia di Marchionne e pretende di non pagare i primi tre giorni di malattia, di avere senza contrattazione gli straordinari, di passare al regime di orario settimanale.
No ai ricatti vuol dire no all’alternativa tra lavoro e diritti, come alla Fiat, o tra lavoro e salute, come all’Ilva. La Fiom è pronta a scioperare, ma contro la famiglia Riva che non fa gli investimenti di bonifica e non contro la magistratura. Perché «dobbiamo tornare a dire che la salute non si vende». Ecco la Fiom, più una gazzella che si difende dalle pallottole dei cacciatori che non un dinosauro. «Romiti si limitava a volerci sconfiggere, oggi invece vogliono cancellarci. Ma noi siamo ancora qui». Oltre agli applausi dei suoi delegati Landini meriterebbe rispetto, attenzione, sponde politiche. Sta combattendo una battaglia in difesa della dignità di tutto il paese.


Read more...

venerdì 12 ottobre 2012

Fiat, Lingotto: "Non c'è un euro per aumenti salariali richiesti dai sindacati metalmeccanici firmatari dei contratti"

0 commenti

Pino Capozzi e per la quarta volta riceve la ragione da parte di un giudice.
L'impiegato degli Enti Centrali di Mirafiori è stato licenziato dalla Fiat perché utilizzando un computer aziendale ha inviato una e-mail agli operai di Pomigliano proprio alla vigilia del referendum.
Il Lingotto ha reintegrato il lavoratore già dal 25 ottobre 2010. Ora dovrà risarcirlo di 2.550 euro ma in più dovrà versare contributi per i cinque mesi che è stato allontanato dall'azienda.
''Il gruppo Fiat - fa sapere l'avvocato Elena Poli, legale della Fiom - deve prendere atto che nel nostro ordinamento sono
illegittimi gli atti ritorsivi per attività antisindacale, deve arrendersi a questa dura realtà''.  La Cgil fa sentire il suo appoggio. ''Esprimiamo soddisfazione - dichiara Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom-Cgil - per l'ulteriore pronunciamento a favore di Pino Capozzi, che conferma l'assoluta mancanza di ragioni alla base del licenziamento: viene in questo modo smontato ancora una volta il tentativo di descrivere la Fiat come un'azienda preda di una conflittualità permanente e di un estremismo ideologico da parte della Fiom-Cgil che non sono mai esistiti. Al ritorno alla normalità per Capozzi spero si accompagni un ritorno alla normalità nelle relazioni sindacali e nella possibilità per la Fiom-Cgil di svolgere attività sindacale all'interno dell'azienda''.

Meno confortanti sono invece le notizie da Torino dove oggi con difficoltà all'unione Industriale è partita la trattativa tra Fiat e sindacati in merito al rinnovo del contratto di lavoro aziendale. "Non c'è un euro per gli aumenti salariali richiesti dai sindacati metalmeccanici firmatari del contratto", ha dichiarato la delegazione del Lingotto. E si tratta di una richiesta per gli operai pari a 150 euro per i prossimi tre anni. Azienda e sindacati sembra, tuttavia, che siano andati incontro a un'intesa per quello che concerne il miglioramento delle prestazioni sanitarie integrative a beneficio di tutti i dipendenti. L'azienda a disposizione dei lavoratori darà un pacchetto base per la copertura sanitaria compreso di analisi del sangue, elettrocardiagramma, analisi preventive, con un impegno di 20 euro a lavoratore, per 1,8 milioni complessivi.

"L'azienda ha premesso che non ci sarà nessuna chiusura né alcun ridimensionamento occupazionale negli stabilimenti italiani e questo è molto importante - ha dichiarato Ferdinando Uliano Segretario Nazionale Fim, al termine dell'incontro - Noi abbiamo ribadito che il nostro spirito è lo stesso di quello della firma del contratto, ma anche che dobbiamo tutelare il potere d'acquisto dei lavoratori"

Il 20 novembre avverrà un ulteriore incontro in presenza di dieci rappresentanti sindacali e altrettanti della Fiat: bisognerà approfondire aspetti normativi del contratto firmato lo scorso.

Read more...

Fiom, sciopero generale il 16 novembre "insieme agli studenti"

0 commenti

Uno sciopero generale il 16 novembre, di tutti i metalmeccanici, il cui centro sarà la difesa del lavoro e una politica industriale che difenda il sistema industriale e contro l'attacco ai diritti del lavoro. E’ questa la conclusione della grande assemblea dei delegati che la Fiom ha tenuto a Modena in mattinata. Una assemblea che segna la ripresa dell’iniziativa a trecentosessanta gradi da parte del più grande sindacato del settore privato. L’iniziativa, infatti, si svolgera' con manifestazioni regionali in tutta Italia e sara' sì di tutti i lavoratori metalmeccanici ma aperta a tutti i soggetti sociali a cominciare dagli studenti, perché “quello e' i giorno in cui hanno lanciato una giornata di mobilitazione nazionale”. “Proponiamo loro di lottare insieme – dice Landini - perche' oggi la difesa del lavoro passa anche attraverso la qualificazione della scuola". Nel suo intervento, il leader della Fiom Maurizio Landini dice chiaramente che il sindacato non tollererà più alcun accordo separato sul contratto nazionale e che quindi il nodo rimane quello della rappresentanza. Un appello alla politica per dire che il rischio è quello di una debacle totale del sistema industriale e di una “balcanizzazione” dei rapporti sociali e sindacali. Landini dal palco ha lanciato il referendum sull’Art. 18 invitando i lavoratori a firmare.

Read more...

Ci vorrebbe una rivoluzione

0 commenti

La scuola per i governi italiani è una faccenda di spese da ridurre, non è nient’altro che questo. Quello che dovrebbe essere il cuore di ogni società viene trattato alla stregua di un’unghia incarnita. A furia di ricevere scarsa considerazione, anche tra chi ci lavora dentro si è fatta strada un’ottica che tende a rimpicciolire le straordinarie esperienze dell’insegnare e dell’imparare.
Forse non serve un giorno di sciopero se poi si ritorna rassegnati nell’angolo. E non si può reagire ai tagli riducendo il proprio impegno. Quello che i governanti non capiscono è che l’Italia ha bisogno di più scuola. Bisognerebbe tenere aperte le aule anche di pomeriggio e di sera. L’errore della politica è di considerarla un comparto particolarmente oneroso del pubblico impiego. La scuola non è un insieme di uffici, è arte, politica, religione, cultura, è compagnia, è lavoro, è gioia, è futuro. La scuola dovrebbe essere un vulcano in mezzo alla società, così dovrebbe essere concepita e costruita, non come una scodella di avanzi, come un residuo tollerato di un mondo che non c’è più. Gli stregoni che invocano la crescita dovrebbero adoperarsi per far crescere gli apprendimenti, per aumentare l’entusiasmo di insegnanti e alunni. E non è questione solo di stipendi. Le scuole dovrebbero avere intorno tutta una seria di premure. Una nazione non è un’azienda e una società non può stare appesa al valore della sua moneta.
Lo sciopero di oggi deve essere l’affermazione del valore immenso che hanno i rapporti umani, quello che ci diciamo, i sorrisi, i rimproveri, il parlarsi dentro un’aula, sentirsi una comunità che costruisce qualcosa, che non è lì per passare un po’ di tempo. La scuola dovrebbe essere la metà dell’agenda di ogni Governo, di ogni Regione, di ogni Provincia, di ogni Comune. E invece abbiamo avuto un ministro come la Gelmini.
Il governo dei professori sta lavorando su tempi stretti e rimettere in piedi la casa del sapere non è impresa da pochi mesi, ma neppure si può lavorare come se fosse solo una questione di soldi. La politica non è la distribuzione del denaro. La politica deve guardare ai bambini di tre anni e ai ragazzi di venti. Il giorno in cui caddero le torri il presidente americano era in visita in una scuola elementare. In Italia dentro un’aula è difficile portare anche i sindaci. I politici sono imbarazzati davanti ai bambini, ai ragazzi, ai giovani.
In questi giorni nelle prime elementari i bambini stanno imparando a leggere e a scrivere. È un travaglio che meriterebbe tante cure e invece avviene come se ogni aula fosse un sottomarino. Da questo punto di vista siamo tornati indietro. Nelle scuole non c’è spazio per sperimentare, non solo mancano le risorse, manca l’attenzione della società. La scuola è la prima forma della politica, è il primo esercizio di cittadinanza e invece è ridotta a un parcheggio dove chi sta avanti non può andare più avanti e chi sta indietro non viene aiutato a farsi avanti. Un meccanismo bloccato, una macchina senza ruote. Dopo lo sciopero bisognerebbe inventarsi qualcos’altro per dire che la scuola si ammutina, non partecipa alla triste pagliacciata di una società egoista e senza slanci. La scuola deve ritirarsi da questo mondo senz’anima, deve essere fiera della sua inattualità, deve svolgere una serena obiezione al contingente, perché la posta in palio è immensa: è la forza di stare tra gli uomini e nei luoghi, nella propria casa e nell’universo.
Altro che due ore in più o in meno, altro che il ronzio ragionieristico con cui ci assillano: i politicanti ormai sembrano mosche nelle orecchie dei cavalli. C’è un’enorme dismisura tra un bambino che scrive alla lavagna la sua prima parola intera e il fatuo balbettio mediatico. I soldi che hanno tolto alla scuola in questi anni sono ben poca cosa rispetto al disamore con cui è stata guardata.
L’Italia ha rottamato la pubblica istruzione e si è affidata alla televisione, fino ad eleggere a capo del governo il padrone dell’etere. Ora è tempo di rottamare la televisione e di rimettere al centro la scuola. Ci vuole una vera e propria rivoluzione ed è più urgente del risanamento del debito.


Read more...

sabato 6 ottobre 2012

Fiat vs Fiom, il sindacato delle tute blu vince una causa su rappresentanza e trattenute sindacali

0 commenti

Diritto di nominare le rappresentanze sindacali aziendali e al diritto a riscuotere le trattenute sindacali degli iscritti. Stavolta il tribunale di Pinerolo ha dato ragione alla Fiom sui ricorsi contro Fiat. Ed in particolare per le societa' del Gruppo Centro Ricerche Fiat di Orbassano, gli stabilimenti FGA Parts & Service di None e Volvera e la P.C.M.A. di Volvera. Si tratta addirittura di una “riforma di una sentenza di primo grado” e quindi ha un valore politico doppio. Il giudice ha disposto il riconoscimento dei rappresentanti sindacali della Fiom Cgil negli stabilimenti torinesi delle societa' condannate, ove si applica il CCSL Fiat (Fabbrica Italia) non sottoscritto dalla Fiom Cgil".
Il tribunale di Pinerolo, sottolinea la Fiom ha inoltre "respinto il ricorso di opposizione promosso dalla Fiat sul diritto alle trattenute sindacali per gli iscritti alla Fiom Cgil, confermando tale diritto gia' riconosciuto dalla sentenza di primo grado". "Il diritto alla rappresentanza democratica nei luoghi di lavoro e il diritto ad aderire liberamente al sindacato - sottolinea il segretario della Fiom torinese Federico Bellono - sono diritti di tutti i lavoratori prima che della Fiom Cgil. Conforta rilevare la crescente sensibilita' per le liberta' democratiche che Fiat ostinatamente vorrebbe negare". Per il Torinese, ricorda ancora Bellono, "si tratta della prima pronuncia favorevole al ripristino delle nostre rappresentanze aziendali.In quelle aziende rientriamo dalla porta principale grazie alla fiducia delle lavoratrici e dei lavoratori che vogliamo ringraziare".

Read more...

venerdì 5 ottobre 2012

Scuola, studenti in piazza contro la crisi economica. A Roma scontri con la polizia. Ferrero: "Vergognosa repressione!"

0 commenti


Sono migliaia gli studenti che questa mattina sono scesi in piazza in tutta Italia nella prima manifestazione nazionale contro i tagli al sistema scolastico. Su infoaut.org è possibile seguire la diretta dalle piazze (su Twitter invece: @StudAut e l'hashtag #5ott). "Oggi protestiamo contro la crisi economica, i tagli previsti dalla spending review e questo Stato che non è più democratico ma che è diventato una dittatura". Queste sono le parole di Mario, uno studente, un ragazzo di 16 anni, che spiega il perché della sua scesa in piazza di questa mattina.
Le sue parole sono apprezzate ma soprattutto condivise dall'intero corteo, fanno da eco a tutti gli studenti romani che stanno attraversando in modo pacifico il ponte fra porto di Ripa Grande e via Marmorata mentre gridano: "La scuola non si tocca, la difenderemo con la lotta".
A piazzale Portuense invece non è stato altrettanto pacifico. Durante il corteo infatti non sono mancati scontri con la polizia mentre gli studenti tentavano di deviare dal percorso stabilito.
La carica delle forze dell'ordine ha peremsso agli studenti di disperdersi durante la protesta. Un ragazzo di quindici anni del liceo classico "Virgilio" è stato fermato dalla polizia, è stato portato in questura, subito dopo riaffidato ai genitori.
"Vergognosa repressione degli studenti che oggi, a migliaia, in diverse città italiane, Torino, Roma, Milano e tante altre, sono scesi in piazza contro i tagli di Profumo all'istruzione e alla formazione pubbliche - dichiara Paolo Ferrero, Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista - Aumentano le tasse in scuole e università, i costi di libri e trasporti, le strutture cadono a pezzi e la democrazia nei luoghi del sapere viene consapevolmente ridotta. Oggi siamo in piazza con gli studenti, come lo saremo il prossimo 12 ottobre, perché il mondo della formazione sta pagando un prezzo altissimo per colpa di Monti e dei “tecnici”. È scandaloso che il governo dei poteri forti invece che rispondere alle giuste rivendicazioni degli studenti mandi le forze dell'ordine a caricare i ragazzi in corteo".
"Solleva il cuore - dichiara Fabio Alberti, Segretario romano di Rifondazione Comunista - vedere migliaia di giovanissimi studenti colorare le vie di Roma in difesa di una scuola pubblica, democratica e veramente aperta a tutti. Si tratta di una importante lezione di senso civico - aggiunge - Gli studenti hanno dato un segnale a tutta la città: non bisogna rassegnarsi. Al dominio della finanza e alla abdicazione di una classe politica - conclude - i cittadini, studenti, lavoratori, devono prendere la parola e la strada. Altri devono raccogliere questo segnale. Una occasione sarà la manifestazione "no Monti" del 27 ottobre".

ore 13, 51
A Roma è terminato il corteo. Il bilancio degli scontri tra studenti e forze dell'ordine conta quattro poliziotti feriti. Alemanno preso dall'ordinanza "anti-bivacco" ha comunque pensato bene di dire la sua: "Oggi un corteo di appena mille studenti ha paralizzato la città - ha dichiarato. - Chiedo ancora una volta al ministro
Cancellieri di darci delle regole, perché senza regole la citta' rischia di essere soffocata e i romani sono stufi".

Milano
Anche al nord caos. Dieci manifestanti in città sono rimasti contusi, uno è stato denunciato durante la protesta degli studenti.
Circa 2000 persone hanno attraversato il centro, colpendo varie banche e con scritte e striscioni ad accompagnarli fino al parco Ravizza.
L'altra parte del corteo invece ha raggiunto quello partito da piazza Oberdan per raggiungere il palazzo della Regione: qui si sono animati scontri con la polizia.

Torino
''Abbiamo riportato 30 contusi per caduta a terra e due feriti a causa delle manganellate e delle
cariche della polizia''. a dichiararlo è Daniele Mirandola, portavoce del Ksa, Kollettivo Studentesco Autonomo, che ha organizzato il corteo. ''Una ragazza di 19 anni - ha spiegato - e un ragazzo di 16 hanno subito ferite lacero-contuse alla testa e sono andati in ospedale, dove sono stati medicati''.
Il Ksa ha annunciato un'assemblea per mercoledì: bisogna considerare le  diverse iniziative da intraprendere. 


Read more...

Italia, Fiat-Opel: Marchionne torna alla carica

0 commenti

Secondo il Sole24Ore l'ad Fiat avrebbe pronto un nuovo piano per rilevare la casa tedesca a costo zero. L'operazione consentirebbe risparmi sulla progettazione delle utilitarie, ma produrrebbe un eccesso di capacità: 2 stabilimenti sarebbero di troppo

Dopo quel sonoro "no" di Angela Merkel nel 2009, Marchionne a quanto pare torna all'attacco. La Fiat avrebbe un nuovo piano per rilevare la tedesca Opel a un prezzo simbolico. E' quanto scrive oggi il “Sole24ore”, anche se il progetto non è stato ancora formalmente sottoposto alla casa madre General Motors. Secondo il Sole però i contatti con l'azienda da parte dell'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne sarebbero frequenti. La Opel nei primi sei mesi del 2012 ha perso quasi 500 milioni di euro a livello operativo contro i 662 di Psa Peugeot (con la quale Gm ha firmato all'inizio dell'anno una alleanza strategica) e i 354 di Fiat auto in Europa.
L'operazione Opel-Fiat - segnala il Sole24ore in un articolo a firma di Andrea Malan – consentirebbe risparmi sui costi di progettazione e industrializzazione delle vetture di piccole dimensioni sulle quali ci possono essere poche sinergie con Chrysler ma porterebbe grandi problemi pratici a partire dalla capacità produttiva in eccesso: almeno un paio di stabilimenti sarebbero di troppo. In secondo luogo, è da verificare come e quanto General Motors possa voler rafforzare indirettamente la Chrysler; non bisogna dimenticare che la proprietà intellettuale delle piattaforme su cui le auto Opel sono costruite fa capo a Gm. Per non parlare della gestione di due marchi dall'immagine simile e diretti concorrenti in Europa.


Read more...

Torino, 6 ottobre parte la carovana "No Monti, No debito, No Tav" contro i tagli alle spese sociali e i finanziamenti alle opere specultative

0 commenti

Partirà domani, come è stata annunciata da Ezio Locatelli, Segretario Provinciale Prc, in conferenza stampa la carovana "No Monti, No debito, No Tav Torino-Val di Susa" da Torino, in Via Brindisi, 18/c, alle ore 8,45.
“Quella di domani, la carovana No Monti, No debito, No Tav - spiega Locatelli - sarà una manifestazione itinerante fatta di volantinaggi, presidi, comizi che partirà da Torino, attraverserà i principali comuni della Val di Susa per concludersi a Chiomonte di fronte ai reticolati che impediscono l’accesso all’area militarizzata interessata ai lavori dell’Alta Velocità. Al di là di ribadire la nostra ferma contrarietà e opposizione al progetto insensato e distruttivo dell’AV Torino-Lione e alla militarizzazione della valle - aggiunge - la manifestazione si rivolge contro le politiche devastanti di un governo e di una maggioranza che ha deciso di tagliare ogni anno, per i prossimi vent’anni, la spesa sociale per 50 miliardi di euro e che ha deciso al contempo di andare alla realizzazione di grandi opere infrastrutturali di nessuna utilità sociale, con costi spaventosi che sono nell’ordine di 100 miliardi di euro. In altre parole - spiega - i cosiddetti vincoli di bilancio che devono valere per la sanità, il diritto allo studio, la previdenza, ecc. che vengono brutalmente tagliati peggiorando la vita delle persone non devono valere per le grandi opere speculative, le grandi operazioni affaristiche e finanziarie come il Tav. Una cosa semplicemente scandalosa - continua il segretario - Lo stesso accade a Torino in presenza di una classe di governo che non si fa scrupolo di smantellare e privatizzare servizi pubblici nel mentre sponsorizza megaprogetti speculativi costosissimi che nulla hanno a che vedere con l’interesse pubblico e il bene comune. Per questo manifestiamo nella giornata di sabato. La lotta contro il Tav - conclude - deve diventare una lotta per mandare a casa un governo e una classe politica che con l’alibi del debito pubblico sta portando avanti una politica di devastazione sociale, di lavoro, di ambiente”


Read more...

Inps, aumenta cassa integrazione: da gennaio a settembre +8,9%

0 commenti

Aumentano le ore di cassa integrazione. Secondo quanto rende noto l’Inps, nel mese di settembre 2012 ne sono state autorizzate 86,4 milioni di ore. Rispetto allo stesso mese del 2011, quando furono autorizzate 83,4 milioni di ore, si registra un aumento del 3,6%. Complessivamente, nei primi nove mesi dell’anno si è giunti a quota 792,9 milioni, contro i 727,8 milioni del 2011 (+8,9%).
Passando al dettaglio per tipologia di prestazione, si registra un forte aumento degli interventi ordinari (Cigo), che a settembre sono aumentati del 202,4% rispetto ad agosto (anche se il confronto congiunturale può essere meno significativo), essendo passati da 10,9 a 33 milioni di ore. Il dato tendenziale – con il confronto rispetto al mese di settembre del 2011, quando furono autorizzate 21,1 milioni di ore – è più interessante e rileva un incremento pari al 56,6%.
L’aumento è determinato in maggior misura dalle autorizzazioni riguardanti il settore industria (26,7 milioni), aumentate del 66,3% rispetto ad un anno fa (16,1 milioni), mentre più contenuto, rispetto a settembre 2011, è l’aumento relativo al settore edile (25,2%).
Gli interventi straordinari (Cigs) di settembre ammontano a 24,5 milioni di ore, con una diminuzione del 26,4% rispetto a settembre 2011 (33,3 milioni), e del 6,3% rispetto ad agosto 2012 (26,2 milioni). La variazione complessiva del periodo gennaio-settembre 2012 rispetto allo stesso periodo del 2011 risulta pari a -10,3%. Per quanto riguarda gli interventi in deroga (Cigd), non si registrano variazioni significative sia rispetto al mese precedente, sia rispetto a settembre 2011. I 28,8 milioni di ore autorizzate nel mese di settembre 2012, rispetto ai 28,9 milioni di settembre 2011, attestano una diminuzione dello 0,6%, mentre rispetto ad agosto 2012, quando le ore autorizzate erano state 29,9 milioni, la diminuzione e’ del 3,9%.
Passando ai dati relativi a disoccupazione e mobilità, ad agosto 2012 – ultimo mese disponibile, in questo caso – le domande di disoccupazione presentate sono state 72.213 , con un incremento dell’1,34% rispetto ad agosto 2011, quando le domande erano state 71.261. Le domande di mobilità presentate ad agosto 2012 sono state 6.486: -31,29% rispetto al mese di agosto 2011 (9.440). Nel periodo gennaio-agosto 2012 sono state presentate complessivamente 855.958 domande di disoccupazione, il 16,2% in più rispetto allo stesso periodo 2011 (736.581), e 88.577 domande di mobilità, con un incremento del 6,46% rispetto alle 83.200 richieste dei primi otto mesi del 2011.

Read more...

Quattro operai della Vinyls sul campanile di San Marco

0 commenti

Sono saliti sulla cella campanaria di San Marco, a Venezia, per protestare contro lo stallo nel quale versa l'azienda chimica quattro operai della Vinyls di Porto Marghera. Hanno fatto sapere di voler rimanere lì tutta la notte. Tra loro c'è una donna, Nicoletta Zago. Al telefono ai giornalisti hanno dichiarato: «Siamo stanchi di essere presi in giro. Da cinque mesi non abbiamo lo stipendio».
I quattro si sono mescolati ai turisti in visita al campanile, a oltre 50 metri d'altezza. «Siamo arrivati qui - ha spiegato Lucio, uno degli operai che ha inscenato la protesta - con l'intenzione di rimanervi pacificamente». L'uomo ha spiegato così la scelta del campanile di San Marco per l'azione: «È chiamato "il paron di Venezia" come sono padroni i commissari che ci hanno portato a questo punto».
«È una vergogna che va avanti da tre anni - ha raccontato Nicoletta Zago -. Sono cinque mesi che non percepiamo né cassa integrazione nè stipendio ma andiamo lo stesso a lavorare. Siamo in cassa integrazione dal 2009 e nessuno ci dice come stanno le cose. Ci stiamo ammalando fisicamente e mentalmente - ha rincarato - siamo stanchi ma non rassegnati. Aspettavamo un incontro al Ministero che è saltato, aspettiamo le istituzioni locali, il Prefetto. Non andremo via, ci devono portare via con la forza. Staremo qua finchè è possibile. Non abbiamo sacchi a pelo».
E in serata i quattro lavoratori della Vinyls sono stati raggiunti dall'assessore comunale alle attività produttive Antonio Paruzzolo. Agli operai Paruzzolo ha promesso che domani, venerdì, interverrà con gli istituti bancari per cercare di ottenere il pagamento degli stipendi arretrati. Intanto il Ministero dello Sviluppo economico affronterà la questione Vinyls martedì 16 ottobre, giorno in cui si terrà un incontro con azienda e sindacati per fare il punto sulla società.

Read more...

giovedì 4 ottobre 2012

3 ottobre 2012. Dopo 32 anni la marcia attiva su Mirafiori in difesa del lavoro e degli operai Fiat

0 commenti

Dopo trentadue anni è in programmazione per la prossima settimana, il 13 ottobre, una marcia pacifica su Mirafiori. L'obiettivo della marcia è difendere i diritti dei lavoratori e degli operai Fiat "abbandonati a se stessi, nell'indifferenza generale di istituzioni e politica". La scelta di questa giornata nasce per ricordare la marcia dei quarantamila del 14 ottobre a Torino quandomigliaia di impiegati e quadri del Lingotto sono scesi in paizza per protestare contro le violente forme di picchettaggio che non gli permettevanol'entrata in fabbrica per lavorare.
"E oggi torniamo a chiedere di riaprire le fabbriche Fiat per restare in Italia - sottolinea Scanderebech che ha lavorato in Fiat per ben 20 anni - producendo modelli concorrenziali. Non possiamo perdere il nostro know now, le nostre eccellenze. La marcia di Mirafiori è stata organizzata per dare voce ai lavoratori e per chiedere all'azienda di rispettare gli impegni presi e investire per la ripresa economica e la creazione di nuovi posti di lavoro". L'idea della marcia è nata quando Scanderebech ha trovato un cartello in fabbrica con su scritto: chiuso. "Li' - spiega - ho capito che occorreva fare qualcosa, non lasciare soli gli operai Fiat. Oggi sono 25 mila, solo un decimo della forza lavoro di quegli anni, quando gli operai erano ben 250 mila". "Invitiamo tutti - aggiunge Scanderebech - a scendere in piazza e marciare in difesa di questa importante realta' italiana qual è la Fiat. La marcia su Mirafiori deve diventare il simbolo della difesa del lavoro e della dignita' di tutti i lavoratori italiani. Lo scopo - prosegue l'esponente di Fli - e' di attirare l'attenzione dell'opinione pubblica, della politica, dei sindacati e tutte le forze sociali sui problemi occupazionali e sulla garanzia di un lavoro dignitoso e sicuro, nonche' sulle promesse fatte dalla Fiat per garantire investimenti produttivi".

Read more...