Pages

 

venerdì 30 dicembre 2011

Basilicata, no alla Geogastock

0 commenti

a Giunta Regionale della Basilicata, con il suo assenso al progetto Geogastok, sacrifica, per l’ennesima volta, una corposa fetta di territorio in nome di un imprecisato sviluppo industriale e di una misera manciata di posti di lavoro.
E’ appena il caso di ricordare che il progetto in questione, ha una valenza meramente commerciale in quanto, la Società acquisterà gas a basso costo e lo rivenderà quando la richiesta sarà maggiore, ricavandone notevole profitto.
Chi ci perde in questa operazione è il territorio con i suoi abitanti che subiranno l’ennesimo scempio, in quanto il progetto, ad oggi, non solo non fornisce adeguate garanzie di sicurezza ma – giusto per citare solo alcune criticità irrisolte- è carente ancora del Piano della Qualità dell’aria (obbligatorio per legge) e che l’ARPAB non ha ancora redatto, ed in più non si è ancora proceduto alla bonifica di tutti i pozzi interessati allo stoccaggio.
Che la Giunta Regionale abbia dedicato la sua attenzione più al ristoro economico che alla salvaguardia della salute del territorio e dei suoi cittadini, manifesta scarso rispetto per le popolazioni e , al contempo, mancanza di progettualità proprie.
Comportamenti questi, entrambi figli di una logica che ha depredato e impoverito una regione che continua a spopolarsi al ritmo vertiginoso di mille unità all’anno !
Così come per le estrazioni petrolifere, che non hanno portato l’occupazione e il benessere promessi venti anni fa, riteniamo che anche questo progetto non rappresenti affatto un evento positivo per le nostre comunità ma, al contrario, costituisca addirittura un freno allo sviluppo sostenibile e all’utilizzo alternativo del territorio che noi invochiamo da sempre, ma che non ha mai ricevuto cittadinanza da chi “governa” questa regione.
Pertanto rimaniamo al fianco di quanti, movimenti, associazioni e liberi cittadini, continuano ad opporsi a questa logica predatoria che sacrifica vecchie e nuove generazioni sull’altare di un business che, al netto dei soliti “trenta denari” distribuiti ai comuni interessati di volta in volta, non porterà nessun beneficio duraturo.
Read more...

giovedì 29 dicembre 2011

Basilicata, per Geogastock nuove misure per tutelare l'ambiente

0 commenti

POTENZA – La Regione Basilicata ha stabilito per l’attività della Geogastock nuove misure di tutela ambientale e di compensazione economica superiori alla Valutazione di impatto ambientale (Via) rilasciata dal ministero dell’Ambiente: il progetto per lo stoccaggio del gas prevede due concessioni, a Grottole e Ferrandina, con impianti a Salandra (Matera). E' quanto stabilito in una delibera di “intesa”, approvata dalla giunta regionale e resa nota dall’ufficio stampa: l'iniziativa prevedeva anche un secondo progetto a Pisticci (Matera), ma la giunta ha rinviato l’assenso in relazione ad alcune sollecitazioni presentate dal Comune.

La Regione ha imposto alla Geogastock un piano di monitoraggio e un programma di informazione alle comunità locali, tra cui il controllo delle vibrazioni al suolo, delle eventuali emissioni, delle condizioni della falda acquifera e della qualità dell’aria, anche prima della realizzazione e della messa in esercizio dell’impianto di stoccaggio. Le attività di monitoraggio saranno finanziate dalla Geogastock e realizzate dalla Regione, dall’Arpab e dai Comuni.

“La Basilicata – ha detto il governatore lucano, Vito De Filippo – è consapevole dell’importanza, nell’interesse generale del Paese e della stessa Regione, dell’incremento delle capacità di stoccaggio di gas naturale, ma chiede che a fronte del suo ruolo di servizio al Paese possa ottenere garanzie assolute e vantaggi di competitività per il proprio territorio. Sul versante della crescita mettiamo in campo un meccanismo per l'abbattimento dei costi di energia alle imprese della Val Basento che per gli analisti rappresenta uno dei fattori di maggiore attrattività delle imprese. In questo modo garantiamo energia all’Italia e sicurezza e sviluppo al nostro territorio”.

“La Regione – ha aggiunto l’assessore all’ambiente, Agatino Mancusi – è voluta andare oltre le previsioni dello Stato in materia di garanzie ambientali. L’intesa che eravamo chiamati ad esprimere non aveva questo tipo di finalità, ma la lunga fase di dialogo condotta con la società ha prodotto il risultato di condividere misure ulteriori rispetto a quelle imposte dallo Stato. Del resto tutelare l’ambiente non vuol dire bloccare ogni iniziativa, ma individuare le modalità che rendano le attività dell’uomo compatibili con l’ambiente”.


Read more...

Ticket, mille firme per abolirli

0 commenti

E il comitato di crisi chiede l’intervento del neo ministro Balduzzi
CRESCE la mobilitazione contro i ticket sanitari introdotti dalla giunta regionale. Da una parte prosegue con successo la raccolta firme promossa da Sinistra ecologia e libertà lucana che mira alla loro abrogazione. Anche ieri nelle piazze del capoluogo e di diversi comuni del Potentino sono stati allestiti banchetti per promuovere la petizione popolare a sostegno dell’abrogazione dei ticket sanitari sia sulla farmaceutica che sulla specialistica. A comunicarlo in una nota il coordinatore cittadino Roberto Rizzi, che si dice pienamente soddisfatto per l'andamento della raccolta. Nella giornata di venerdi un banchetto è stato allestito anche all'ospedale San Carlo di Potenza e ieri in piazza Don Bosco. «Abbiamo riscontrato - dice Rizzo - una grande partecipazione di cittadini che numerosi hanno firmato a sostegno dell'iniziativa promossa dalla Sel». Nel giro di pochi giorni dal lancio della petizione sono state già raccolte quasi mille firme solo tra potenza e i paesi dell'hinterland, in particolar modo nell'area di Avigliano - Lagopesole e numerosi sono i banchetti allestiti in questo fine settimana in molti comuni della provincia di Potenza. «Siamo sicuri - aggiunge Rizzo - che a conclusione della raccolta, il centro sinistra lucano, di fronte a un numero più che consistente di firmatari alla petizione, non potrà che tener presente le richieste dei cittadini lucani, abrogando i ticket sanitari che tanto pesano all'economia delle famiglie e soprattutto ai pensionati e a quei cittadini che versano in gravi difficoltà economiche, abrogandoli o rimodulandoli in base al reddito vero e non sull'isee come già fatto da alcune regioni quali la Toscana, L'Emilia Romagna e l'Umbria». E nei giorni scorsi un’altra iniziativa è stata intrapresa da Sanità Futura che ha scritto al neo ministro chiedendo un approfondimento del ticket sanitario aggiuntivo introdotto dal precedente Governo ed una tempestiva analisi della rimodulazione operata in Basilicata. 

Read more...

mercoledì 21 dicembre 2011

Landini: «Ministro Fornero intervenga sulla Fiat»

0 commenti

Negli ultimi 15 anni in Italia «la precarietà è diventata una norma. Dal 1997 con la legge Treu, fino alla legge Biagi, siamo diventati il Paese europeo con la più vasta precarietà che esista». È quanto ha affermato Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, a Sky Tg24.
«Il problema- ha continuato- non quello di far licenziare meglio i lavoratori, ma è quello di creare il lavoro. Per farlo serve aprire discussione su politiche di investimenti pubblici e privati». Secondo Landini serve «estendere dei diritti a chi non ce l'ha, creare lavoro e creare tutele che siano garanzie, evitando che le imprese possano usare lavoratori precari perchè costano meno e perchè hanno meno diritti.
In questi giorni ho parlato con i lavoratori della Fiat, sono stato a Melfi, poi vado a Cassino. Ho parlato soprattutto con i lavoratori della Fiat che si trovano davanti ad una situazione mai vista. Stanno cancellando il loro contratto nazionale con il modello Pomigliano esteso ovunque. C'è un peggioramento delle loro condizioni e addirittura c'è una limitazione delle libertà sindacali perchè Fiat vorrebbe cancellare la Cgil dalle fabbriche».
Spiega il segretario Fiom: «Nelle assemblee con i lavoratori Fiat abbiamo parlato del Governo e del ministro Fornero, perchè i lavoratori Fiat chiedono che il governo intervenga sulla loro vicenda, serve che dica davvero che resta in Italia e che fa investimenti». «Chiediamo al governo e al ministro- continua Landini- di garantire la libertà sindacale con una legge che ci permetta di continuare a esistere.
Non possono essere le imprese a scegliere i sindacati, ma devono poter essere i lavoratori a scegliere il sindacato che ritengono più opportuno». Landini nega di aver incontrato il ministro Fornero: «Non ho il dono dell'ubiquità, ho fatto le assemblee con i lavoratori, non potevo fare due cose contemporaneamente. Comunque mi auguro che il Governo sia in grado di creare lavoro e ridurre la precarietà. L'articolo 18 è un falso problema, parliamo di una sanzione e non di una regola.
Il problema vero sarebbe cancellare l'articolo 8, fatto dal Governo Berlusconi, che prevede si possa derogare dall'articolo 18. Noi non siamo disponibili a manomettere l'articolo 18, ma siamo favorevoli a trovare una soluzione perchè chi è precario non lo sia e perchè ci sia l'estensione degli ammortizzatori sociali e delle tutele a forme di lavoro che non ce l'hanno. E si deve alzare la retribuzione a chi è precario».
Per il segretario Fiom, infatti, «uno dei problemi per cui oggi si lavora di più in forma precaria è perchè alle imprese costa meno un precario di un altro lavoratore. Se si vuole la flessibilità e non la precarietà, bisogna che il lavoro precario costi di più alle imprese, soprattutto che a parità di lavoro ci sia la stessa retribuzione e gli stessi diritti».
in data:21/12/2011
Read more...

martedì 20 dicembre 2011

Bufera sull'art.18. I sindacati: «Non se ne parla». Fornero: rammaricata

0 commenti

È piena bufera sull'articolo 18. Dopo l'annuncio fatto dal ministro del Lavoro, Elsa Fornero, di voler introdurre un contratto del lavoro unico, modificando l'articolo 18 e consentendo così, secondo i sindacati, licenziamenti più facili, si è scatenata una vera a propria battaglia politica e ognuno ha detto la sua su uno dei temi più caldi in un momento delicato come questo. L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori prevede che un licenziamento è valido se avviene per giusta causa o giustificato motivo. In assenza di tali requisiti il giudice ha la facoltà di dichiarare l'illegittimità dell'atto e ordinare la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro. Il dipendente può altrimenti accettare un'indennità pari a 15 mensilità dell'ultimo stipendio, o un'indennità crescente con l'anzianità di servizio. È possibile anche che il dipendente presenti ricorso d'urgenza, qualora ritenga infondate le cause del suo licenziamento. La giornata, che è stata segnata dalle proteste dei sindacati, si è aperta con le parole di Susanna Camusso, leader della Cgil: «L'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori non è un totem, ma una norma di civiltà». «Mettere mano a quella norma e realizzare il contratto unico per i giovani - sottolinea la Camusso - sarebbe un nuovo apartheid, a danno dei giovani. Se facciamo un'analisi della realtà, vediamo che la precarietà c'è soprattutto dove non si applica l'articolo 18, nelle piccole aziende. Quindi tutta questa discussione è fondata su un presupposto falso. Vogliamo combattere la precarietà? Si rialzi l'obbligo scolastico, si punti sull'apprendistato e si cancellino le 52 forme contrattuali atipiche«. Anche secondo il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, la modifica dell'articolo 18 non farà altro che «aizzare la protesta». «La precarietà - ha aggiunto Bonanni - è il risultato di una flessibilità pagata male. Il Governo si renda disponibile a pagare di più per il lavoro flessibile». Anche il leader di Sel, Nichi Vendola, al termine di un incontro con i rappresentanti di Cgil, Cisl e Uil. Si è detto contrario a una modifica dell'articolo: «Non si tocca. È un argomento tabù perchè riguarda la carne viva dei lavoratori e i diritti delle persone. Se il Governo pensa di mettere mano ad una riforma regressiva e di destra, la risposta sarà durissima». Fornero, dopo una giornata di battibecchi, ha commentato dicendosi «preoccupata e rammaricata della reazione dei sindacati».

Read more...

mercoledì 14 dicembre 2011

Fiat, come Marchionne comanda. Ma a Pomigliano è subito protesta

0 commenti

Le bandiere della Fiom e quelle dello Slai Cobas sventolano questa mattina al cancello principale dello stabilimento di Pomigliano d'Arco. Decine di manifestanti stanno presidiando il varco e occupato in parte la carreggiata stradale, dentro la Fabbrica Italia il presidente del lingotto John Elkann e dall'ad Sergio Marchionne alla presentazione della nuova Panda. Il Modello Pomigliano non lascia scampo al dissenso: divieto di sciopero e sanzioni per chi non rispetta gli accordi. Ed è subito protesta. E' stata una brutta giornata, quella di ieri. E' stato un applauso di "ghiaccio" quello che ieri ha suggellato nella sala riunioni dell'Unione Industriale di Torino la firma tra i sindacati (Fismic, Ugl, Fim, Uilm e Quadri) e la Fiat. Da ieri gli oltre 86000 dipendenti della multinazionale italo americano conoscono il destino dei propri diritti. Quello del lavoro è un'altra storia su cui si è preferito non approfondire durante la cosiddetta trattativa. Erano tirati i volti di chi aveva appena messo il proprio nome in calce alla morte del contratto nazionale, quasi avesse la percezione di averla combinata davvero grossa. La Fiat, impersonificata dall'Ing Rebaudengo evita improbabili manifestazioni di giubilo e lascia la stanza. Roberto Di Maulo della Fismic e si è detto soddisfatto, gli altri diranno lo stesso. Fuori dall'Unione Industriale c'era il solito massiccio apparato di Carabinieri che vigilava su chi va e chi viene, ma nessun contestatore si è fatto vivo. Il Modello Pomgliano è passato: 120 ore supplementari di straordinario senza cotrattarlo con i sindacati, divieto per i sindacati di dichiarare lo sciopero sulle materie regolate dal contratto, cambio pause e dei ritmi alla catena di montaggio, divieto di avere delegati in fabbrica ai sindacati che non hanno firmato l'intesa, cioè alla Cgil Fiom.Il sindacato di Landini a Torino è barricato nei suoi uffici e studia le contromosse. Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom ha partecipato alle prime due riunione e poi ha visto i suoi interlocutori dichiararlo non gradito al tavolo. 
Cosa succede da oggi ai dipendenti Fiat? Da oggi sono nelle mani dei loro datori di lavoro, meno dei sindacati che dicono di rappresentarli. In cambio di questo riceveranno un contentino di seicento euro, anche se è bene ricordare che sono due anni che la Fiat non paga il premio. E' un giorno amaro per chi lavora alla Fiat e in generale per la democrazia. 
Bellono, siete fuori. Siamo stati tenuti fuori. Ma d'altra parte non si è trattata di un confronto, bensì di una riunione di cui fin dal principio si conosceva l'esito, ovvero i voleri della Fiat che sono stati tutti soddisfatti. La Fiom è fuori dalla fabbrica ma è ancora in mezzo ai lavoratori che continuano a riconoscere il nostro sindacato come punto di riferimento. Noi portermo avanti iniziativo politiche, sindacali e anche giudiziarie per porre rimedio a questo vulnus democratico che si è appena perpetrato. 
Un bell'applauso ha sancito la firma. Un momento molto triste. I sindacalisti che hanno firmato tentano di auto convincersi di aver fatto un buon lavoro e di aver difeso i lavoratori. Semplicemente hanno accettato i voleri della Fiat. E questo per quanto riguarda quegli uomini che hanno creduto realmente di portare avanti un'idea che possa portare di beneficio ai lavoratori.

Read more...

Fiat, senza Fiom si tratta il Modello Pomigliano

0 commenti

Nel disinteresse generale è iniziato pochi minuti fa l’ultima giornata dell’assemblea tra la Fiat e i sindacati. Un tavolo a cui non siede la Fiom perché non gradita in quanto non aderisce convintamente ai voleri di Marchionne. L’assemblea dovrebbe concludersi in serata e la richiesta della multinazionale italo statunitense, l’estensione del modello Pomigliano a tutti gli 86000 dipendenti del gruppo, sarà accettata. Ieri c’era stato un piccolo colpo di scena: la Uilm non era presente al tavolo dato che, hanno inizialmente detto i sindacalisti di Angeletti, era necessaria una valutazione complessiva. Evidente la stizza della Fiat che ha posto un ultimatum a tutti,  riportando così sulla retta via coloro che stavano valutando ma che poi hanno dato colpa dell’assenza all’orario degli aerei. La Uil inizia ad assaggiare la crosta di pane duro che passa il padrone, la stesso servita in abbondanza alla Fiom ed ai sindacati di base e soprattutto ai lavoratori. Grande le speranze di  Antonio D'Anolfo segretario nazionale dell'Ugl Metalmeccanici: «Oggi può essere la giornata conclusiva, con la buona volontà di tutti si possono sciogliere i due nodi rimasti in sospeso e chiudere». Anche Di maulo della Fismic auspica una chiusura in giornata dato che l’accordo c’è già. Il Rotary Club e i Lions non hanno invece rilasciato dichiarazioni.

Read more...

trage a Firenze, rabbia e proteste. Manifestazioni antirazziste

0 commenti

Duecento senegalesi in piazza Duomo hanno continuato a pregare fino a sera anche dopo la fine del lunghissimo corteo. «Ora non diteci che era un pazzo!», dicevano in tanti. Fosse stato pazzo avrebbe sparato a casaccio. Invece ha mirato solo solo a ragazzi con la pelle nera.
No, non era un pazzo. Era un soldato, Gianluca Casseri, 50 anni. Nazista o fascista esoterico, di una cordata antagonista al "vecchio" Delle Chiaie, conosciuto negli ambienti dell'estrema destra dalla Toscana occidentale fino all'hinterland romano e forse fino a Londra, simpatizzante di Casapound come dovrà ammettere lo pseudo centro sociale "non conforme" con uno scarno comunicato stampa in cui si dice che mica possono chiedere patenti di sanità mentale e si annunciano querele a chiunque dubiti della loro bontà d'animo. Intanto sul web diventava impossibile trovare tracce del Casseri-pensiero nell'archivio di Casapound. Era antisemita, Casseri, ragioniere di Pistoia,considerato nell'"ideodromo" di questi fascisti del III millennio, una sorta di esperto di complotti di banchieri ebrei-massoni-bolscevichi. Un paio di psichiatri forensi disposti a dire ch'era solo un pazzo verranno intervistati nei tg di prima serata ma era un soldato. Con quella 357 Magnum così rara. Con quella morte rituale "alla Mishima". Perché alla fine Casseri si sarebbe ammazzato e i senegalesi hanno chiesto di vedere il cadavere per esserne certi. Un orrore iniziato dopo mezzogiorno e terminato dopo quasi tre ore. Chi l'ha visto arrivare al mercato di piazza Dalmazia racconta di averlo visto scendere dalla Polo chiara in doppia fila per sparare tre colpi di pistola contro tre ambulanti senegalesi. La scena di un'esecuzione razzista. Diop Mor e Samb Modou sono morti subito, Moustapha Dieng, 38 anni, è gravissimo nel vicino ospedale di Careggi. Poco prima, l'uomo aveva avuto un diverbio con un altro venditore.
«Se non ti scansi faccio fuori anche te», avrebbe detto il killer all'edicolante della piazza che aveva provato a fermare il cinquantenne basso, tarchiato, occhi chiari e capelli brizzolati che gli mostrava la pistola. Un centinaio di senegalesi si raccoglie nella piazza e si muove in corteo verso San Lorenzo, in pieno centro, dove c'è il consolato del loro paese. Ma c'è anche un famoso mercato. Ed è lì, a tre chilometri da Piazza Dalmazia, che si materializza l'automobile bianca del killer fascista immortalato dalla videocamera di un telefonino. Spara ancora Casseri, ci saranno altri due feriti gravissimi, e la notizia raggunge il corteo di paesani e parenti delle vittime, che piange e s'incazza ancora di più e blocca il traffico e s'abbraccia, travolge - quando arriva a Santa Maria Novella - qualche cartello stradale e qualche cestino dei rifiuti. La polizia non ha di meglio da fare se non caricare in piazza della Repubblica il pezzo di corteo animato dai centri sociali. Nel frattempo l'uomo bianco ha raggiunto di nuovo la sua auto nei sotterranei del mercato di San Lorenzo dove, alla vista dei poliziotti che ormai lo braccavano si sarebbe puntato alla gola, così dice la Questura, con la sua arma a tamburo che non semina bossoli quando spara. Il mercato si blocca, le saracinesche si abbassano, i mercanti - anche quelli indigeni - riconoscono che «i nostri» sono quelli ammazzati o feriti. All'ospedale di S.Maria Nuova è stato operato un senegalese di 42 anni, colpito all'addome, l'altro ferito ha 32 anni, è stato colpito al torace, sarà operato oggi. La risposta della città solidale sarà il presidio di oggi pomeriggio in Piazza Dalmazia dove sabato partirà una manifestazione alla quale sono attesi esponenti del governo di Dakar. «E' un lutto che ci riguarda - commenta a caldo Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista - che dimostra come tanti anni di propaganda razzista, fondata sull'odio verso chi è venuto in Italia per guadagnarsi da vivere, abbiano prodotto danni profondi nella nostra società. C'è un lungo filo che percorre purtroppo l'Italia e l'Europa, che tiene insieme la vergogna del raid al campo rom di Torino l'altro ieri, la strage di Castel Volturno, fino alla carneficina norvegese. Cosa aspetta lo Stato ad intervenire per fermare questi squadristi?». Ma lo Stato balbetta e Firenze fatica a fare i conti con il razzismo in sé. Infatti, mentre il presidente della Regione Rossi raggiunge i senegalesi, viene contestato ma si interroga se la sua città non sembri Oslo, se non si sia stati troppo tolleranti con covi fascisti (chi cercò di opporsi all'apertura di Casapound a Pistoia è stato perseguitato dalla magistratura), il sindaco Renzi se la cava con il ritornello della follia ignorando il curriculum del ragioniere «schivo e riservato» cultore del neonazismo e del negazionismo, scrittore esoterico appassionato di Tolkien, folgorato da Lovecraft e dai miti celtici e neopagani, fondatore di una rivista oltranzista, "La Soglia", e membro dell'associazione culturale "La Runa", dove scriveva articoli come "Dracula il guerriero di Wotan" o "Il Savio di Alessandria", con Enrico Rulli, Casseri ha anche scritto un libro, 'La Chiave del Caos', "romanzo storico" in cui si intrecciano negromanzia, magia, esoterismo.

Read more...

martedì 6 dicembre 2011

Fiat, Fiom dice no. Landini: «Un accordo gravissimo»

0 commenti
La trattativa Fiat sindacati inizia alle nove e mezza presso la sede dell’Unione industriale a Torino. Divisi dalle transenne e da decine di poliziotti, lontano dagli uffici dove siedono i dirigenti Fiat e le delegazioni di Fim, Fismic, Uilm, Fiom, Ugl e Quadri Fiat, si fronteggiano i militanti del sì e del no all’accordo. E’ una scena drammatica, che racconta come i padroni stanno stravincendo la loro guerra contro i lavoratori divisi da rancore profondo. Alle dieci e mezza circa cinquanta operai Fiat che aderiscono al sindacato di base prova a forzare il blocco della polizia per raggiungere i militanti di Ugl, Cisl, Uil e Fismic. Nasce un tafferuglio con la polizia e volano delle uova ma i due gruppi rimangono separati. Dentro la situazione è ancora peggiore perché la trattativa non c’è, ma viene inscenata solo una farsa affinché la Fiom si alzi tavolo e se ne vada. La delegazione dei metalmeccanici Cgil, capeggiata da Landini e Bellono, appare tranquilla, come se sapessero che l’unica cosa da fare nella giornata odierna è stringere i denti per arrivare alla sera senza aver girato il tavolo. «Per la Fiat - osserva Landini - non c'è nulla da discutere, sta semplicemente spiegando come estenderà Pomigliano. Accordo che continuo a considerare grave sia perchè cancella il contratto nazionale sia perchè è basato sull'esclusione dei sindacati che non piacciono alla Fiat. Noi veniamo al tavolo con le nostre idee e valuteremo cosa succede. Di sicuro non abbiamo firmato Pomigliano e non abbiamo intenzione di firmare l'estensione».
Fuori, tra gli operai che lavorano nelle catene di montaggio si parla di pensioni. Giovanna ha cinquantasette anni e trenta di contributi: “Dovrò lavorare altri sei anni nelle carrozzerie. La Fornero che si commuove di fronte hai giornalisti non sa cosa significhi questo. E mentre il governo mi obbliga a stare in fabbrica altri anni la Fiat vuole cacciarmi via. Questa è la coerenza di chi vuole cambiare questo paese.” Le storie come quella di Giovanna sono diffuse soprattutto fra le donne. Spiega Nina Leone della Fiom: “Questo governo si sta accanendo soprattutto con noi. Le donne che statisticamente guadagnano meno degli uomini con il contributivo perderanno più soldi. E dato che spesso iniziamo a lavorare dopo, magari dopo una maternità, saremo costrette ad andare in pensione quando saremo vecchie e sfinite.”
E mentre i lavoratori discutono di futuro remoto, negli uffici dell’Unione Industriale il nocciolo del problema è come buttare fuori la Fiom da tutto. E’ un argomento particolarmente sentito da tutti i sindacati del sì, ancor più che dalla Fiat. La soluzione arriva alle tre di pomeriggio: Fiat e sindacati moderni abbandonano la sala riunioni, non vogliono più sedere nella stanza dove si trova la Fiom dato che questa rifiuta la firma.
Commenta Landini: «Siamo di fronte ad un attentato alle libertà sindacali che non ha precedenti. Le altre organizzazioni sindacali hanno chiesto di proseguire il negoziato che esclude la Fiom per estendere l'accordo di Pomigliano a tutto il gruppo. Non è più, dunque, una proposta dell'azienda, ma una richiesta delle altre sigle e siccome noi abbiamo detto che non abbandoniamo il tavolo di trattativa, hanno chiesto all'Unione industriale un'altra sala per proseguire il confronto. I sindacati diventano così aziendali e corporativi ed esiste il rischio che questo pericolo possa estendersi. È un fatto gravissimo -conclude- che deve riguardare anche le forze politiche e il governo».
La firma definitiva che prevede l’estensione dell’accordo di Pomigliano da parte di Fim, uilm, Ugl, Fismic e Quadri è prevista per domani mattina.
Read more...