Pubblicato il 28 mag 2013
di Gianluigi Pegolo -
Il dato più clamoroso di questa tornata di elezioni amministrative è
l’incremento dell’astensionismo. Il dato è in sé sorprendente: rispetto alle
precedenti elezioni l’aumento è stato di quasi il 15%, anche se va un po’
ridimensionato, per l’effetto distorcente prodotto in quell’occasione
dall’abbinamento con le politiche. In ogni caso, il logoramento del rapporto
dei cittadini con la politica è del tutto evidente e che in questo la nascita
del “governissimo” abbia agito come acceleratore è evidente. La dinamica
dell’astensionismo richiederà un’analisi approfondita perché va chiarito chi ne
è stato maggiormente penalizzato. Sono le forze politiche di governo, o
qualcuna di queste in particolare o si è trattato di un fenomeno trasversale?
Le domande sono pertinenti, a maggior ragione nel momento in cui dal voto
emerge un altro fatto eclatante e cioè il calo vistoso di consensi subìto dalle
liste del Movimento 5 stelle rispetto alle politiche. Si tratta di un dato
generale che tocca anche realtà dove Grillo aveva investito molto, come nel
caso di Siena, ma anche altri comuni dove il movimento era diventato il primo
partito. Per avere un’idea di ciò che si è verificato si tenga conto che in
tutti i comuni capoluoghi di provincia dove si è votato (una quindicina) in
nessun caso il Movimento 5 stelle è arrivato al ballottaggio. E’ senz’altro
vero che il voto amministrativo presenta caratteri peculiari rispetto a quello
politico, ma è pur vero che nelle precedenti amministrative casi come quello di
Parma avevano indotto a ritenere possibile uno sfondamento nei livelli locali,
che ora non si è più prodotto.
Accanto a questi fatti, va segnalato il successo del centro sinistra sul centro
destra. Si tratta di un successo molto segnato dal risultato di Roma. Il
vantaggio di Marino al primo turno sul sindaco uscente Alemanno è di tale
ampiezza da non prestarsi a discussioni, ma questo risultato può spiegarsi sia
con il giudizio negativo sull’operato del governo di centro-destra, sia col
profilo autorevole del candidato del centro-sinistra. Potrebbe trattarsi,
quindi, di un caso particolare se non fosse che anche in tutti gli altri comuni
capoluoghi di provincia i risultati al primo turno sono migliori per il
centro-sinistra. Solo un’analisi più dettagliata dei risultati consentirà di
capire perché ciò si sia prodotto. Si noti, fra l’altro, che i sondaggi
nazionali in quest’ultima fase davano in crescita il centro destra, ormai in
vantaggio sul centro-sinistra. E se è pur vero che il centro sinistra ha sempre
avuto nel locale il suo punto di forza, non era per nulla scontato che andasse
a finire così. Si pensi al caso clamoroso di Siena dove il candidato sindaco
del centro sinistra dopo il primo turno resta in vantaggio. A tale riguardo, si
possono formulare più ipotesi, ivi compreso il rientro nel centro sinistra di
una parte di consensi strappati da Grillo nelle scorse politiche, ma si tratta
per l’appunto d’ipotesi che andranno verificate.
Questa dinamica complessiva costringe le forze di alternativa a una
riflessione. In primis, è necessario un bilancio dei risultati ottenuti in
questa consultazione elettorale. Mi limito per il momento a un esame dei comuni
capoluoghi, riservandomi in un’altra occasione di intervenire sull’insieme dei
comuni maggiori. Il caso più significativo è quello di Roma, dove il risultato
della coalizione formatasi intorno alla candidatura di Sandro Medici è stato al
disotto delle aspettative, nonostante la qualità della proposta politica e la
generosità dello stesso candidato sindaco. E’ evidente che la contrapposizione
fra un sindaco uscente dichiaratamente di destra e uno schieramento di centro
sinistra, per di più guidato da una personalità prestigiosa, ha penalizzato in
modo rilevante lo schieramento alternativo. Questo risultato influenza in modo negativo
il giudizio complessivo sulle performance della sinistra di alternativa in
queste elezioni, ma è necessario estendere l’analisi anche agli altri comuni
capoluoghi.
La dinamica del voto utile, infatti, non ha sempre agito nello stesso modo a
livello nazionale. In alcuni casi, infatti, si sono avuti risultati positivi,
laddove il PRC insieme con altre forze si collocava in alternativa al PD. E’ il
caso di Imperia, dove la lista SEL-PRC ottiene con il suo candidato sindaco
l’11,2%, di Siena dove la coalizione di tre liste raggiunge il 10,2%, di Ancona
dove la alleanza fra la lista PRC-PDC e quella di SEL ottiene il 9,5%, di
Pisa, dove la coalizione fra PRC e una lista di movimento raggiunge l’8%. Nel
complesso, quindi, la possibilità di dar vita a poli autonomi di sinistra nelle
elezioni amministrative in grado di ottenere risultati non marginali, trova una
conferma in questo voto amministrativo, ma con alcune doverose precisazioni. La
prima è che la qualità politica del polo alternativo e la sua dimensione sono
essenziali ai fini del risultato. Dal voto, infatti, emerge che nel caso in cui
il PRC scelga una collocazione alternativa in solitaria, cioè con la propria
lista e senza un sistema minimo di alleanze, è penalizzato in alcuni casi anche
duramente.
Naturalmente in queste elezioni le forze alla sinistra del PD hanno spesso
partecipato ad ampie coalizioni di centro-sinistra in diverse realtà. Rispetto
ai comuni capoluoghi, il PRC era presente in circa un terzo dei casi nel centro
sinistra. Il vantaggio principale ottenuto nella presentazione nelle coalizioni
di centro sinistra è il beneficio derivante in caso di vittoria dalla
spartizione del premio di maggioranza, ma al momento mi è impossibile
quantificare i risultatai ottenuti dal PRC in termini di seggi. Il giudizio sui
risultati ottenuti in questi casi è inoltre reso problematico dal fatto
che il PRC era sempre presente in liste unitarie di sinistra, se si
esclude il caso di Massa. In ogni caso, dal punto di vista delle percentuali
ottenute dalle liste unitarie, mediamente positive, va segnalato in particolare
il buon risultato delle liste unitarie di Barletta e Lodi dove si supera, in
entrambi i casi, l’8%.
Questi primi elementi emergenti dall’analisi del voto attendono di essere
integrati con un’analisi più puntuale (partendo dai valori assoluti, anziché da
quelli percentuali) e più complessiva (investendo anche il resto dei comuni
superiori), ma già ora indicano quale sia il problema politico di fronte al
quale si viene a trovare la sinistra di alternativa nei governi locali. Essa
non solo deve fare i conti con una maggiore articolazione politica a seguito
dell’affermazione accanto ai due poli principali del Movimento 5 stelle, ma non
può facilmente contare sul logoramento del centro-sinistra a seguito della sua
collocazione politica nazionale. L’ambito locale rimane una realtà con
peculiarità particolari e il PD conserva una forza considerevole. Una sinistra
può però affermarsi. E non solo se converge in alleanze di centro sinistra, ma
anche se si pone in alternativa esplicita al PD, a condizione che essa sia
effettivamente rappresentativa.
Per il PRC, la scelta della costruzione dell’unità della sinistra di
alternativa è una strada obbligata. Non si tratta solo di una scelta politica
in sé necessaria, dettata dalla situazione politica e sociale, ma anche
di un’esigenza reale, in particolare in presenza di competizioni elettorali,
ivi comprese quelle locali. I dati elettorali parlano chiaro: il potenziale
elettorale delle sole liste del PRC o del PRC/PDCI non è sufficiente a
garantire una rappresentanza nella maggior parte dei governi locali.
L’unità è pertanto obbligata nei casi di collocazione alternativa al
centro-sinistra, ma lo è ormai in molti casi anche quando viene scelta una
collocazione interna al centro sinistra. Non è un caso se spesso in questa
tornata elettorale si sono costruite liste unitarie di sinistra con biciclette
o sottoforma di liste civiche. La costruzione di questa sinistra può partire
dalle realtà locali, ma va proiettata in una dimensione nazionale. Le
esperienze unitarie che sono state attivate in queste elezioni ce ne offrono
un’occasione.