Maurizio Landini, segretario della Fiom Cgil, entra a gamba
tesa nella campagna elettorale. Punta il dito contro Mario Monti, ma anche
contro Beppe Grillo e Pierluigi Bersani. Se li dovranno scordare, i tre leader,
i voti dei fiommini.
Ha il maglione blu su camicia azzurra, come l'avversario Sergio
Marchionne.
Nell'assemblea emiliana del suo sindacato fa la lista dei
politici cattivi e dopo Silvio Berlusconi (ma qui siamo al deja vu) mette Mario
Monti: «Le sue proposte», dice, «sono gravi e inaccettabili, in pratica per il
mondo del lavoro sarebbe un ritorno all'800. Poi fa sorridere che chi ha
guidato il governo cominci a fare promesse, chi gli ha impedito di realizzare
quello che adesso propone? Aveva una larga maggioranza che lo sosteneva. Invece
niente e adesso eccolo qui a promettere. È un'offesa all'intelligenza degli
italiani, non è più il tempo delle promesse».
Landini ribadisce che la Fiom non arretrerà d'un centimetro
anche se Marchionne (con la complicità di Cisl e Uil) l'ha messa fuori dalle
fabbriche. E promette guerra al nuovo governo se non ci sarà quella che chiama
«discontinuità» col governo Monti, che ha goduto dell'appoggio anche del Pd:
«un errore», per il guru della Fiom. Del resto Pierluigi Bersani è nel
calderone dei politici sindacalmente da rottamare: «è anacronistico, mi sorprende.
Adesso dice addirittura no alla patrimoniale che invece è l'unico modo per
uscire dal cul de sac in cui siamo precipitati. È ora di finirla di fare pagare
il conto sempre e solo al mondo del lavoro».
Perciò un governo Bersani-Monti non può essere accettato dal
sindacato perché «Monti pensa di andare avanti sulla strada tracciata in questo
anno di governo e ciò sarebbe un danno per i lavoratori».
Se Monti sbaglia, il segretario Pd non fa meglio: «in
Italia», afferma Landini, «di fronte ad una diseguaglianza sociale e ad una
disparità di trattamento economico, dire che non si introduce una patrimoniale
è un errore. L'Imu non può essere sostitutiva perché la patrimoniale non
riguarda solo le ricchezze immobiliari ma anche quelle finanziarie. Continuo a
pensare che un nuovo governo, se vuole cominciare a far pagare anche chi non ha
mai pagato e vuole recuperare risorse, oltre a combattere l'evasione fiscale
deve introdurre una patrimoniale non solo sui beni immobiliari».
Il fuoco di fila di Landini non risparmia neppure Beppe
Grillo, che in verità sul fronte sindacale se l'è andata a cercare, urlando in
piazza che i sindacati andrebbero aboliti («perché le aziende debbono essere di
chi vi lavora»). «Abolire i sindacati? Vorrei ricordare che attraverso le loro
organizzazioni i lavoratori sono stati un baluardo della democrazia in questo
paese», risponde Landini. «C'è già Marchionne che sta tentando di farlo, quindi
Grillo, per favore, lasci ai lavoratori il diritto di organizzarsi e di
scegliere il sindacato che preferiscono. Se vuole fare qualcosa di positivo, si
impegni a presentare in parlamento una legge sulla rappresentanza. Lo sa Grillo
che mentre lui fa campagna elettorale perché tutti hanno il diritto di votare
ci sono luoghi in cui questo è vietato e sono quelli di lavoro, dove i
lavoratori non hanno più il diritto di scegliere? È come se alle elezioni
politiche potessero votare solo coloro che sono iscritti ai partiti. Se uno
dicesse una cosa del genere lo legherebbero perché penserebbero che è impazzito,
invece nelle fabbriche succede proprio così e sarebbe opportuno che Grillo
entrasse in queste fabbriche per rendersene conto».
Il leader Fiom vede come fumo negli occhi un'alleanza tra
Monti e Bersani: «Se dovessi dare un consiglio a Bersani gli direi che la fase
dei professori universitari l'abbiamo già avuta, sarebbe utile che ora si
rappresentassero gli interessi delle persone che lavorano. Penso che il nuovo
governo dovrà cambiare tutto ciò che Monti ha fatto, le riforme che la Fornero
ha realizzato sono sbagliate e il nuovo governo deve essere in grado di
cancellare l'articolo 8, ripristinare l'articolo 18 e rimettere mano alla
riforma delle pensioni».
«Chiediamo ai partiti», aggiunge, «di voltare davvero pagina
rispetto alle politiche del governo Berlusconi prima e Monti poi. Abbiamo
chiesto una legge sulla rappresentanza. Se i partiti hanno a cuore che si
superi una fase di divisione tra sindacati senza precedenti, il tema centrale
oggi è fare una legge sulla rappresentanza che rimetta nelle mani dei
lavoratori il diritto a costruire una vera unità sindacale. È una delle
priorità che indichiamo al nuovo governo. Ciò vuol dire anche introdurre forme
di partecipazione alla vita delle imprese per decidere le scelte e gli
investimenti. Invece in questi anni si è sottorappresentato il lavoro e il
peggioramento delle sue condizioni mette a rischio la presenza stessa delle
imprese. Questo chiama in causa scelte di politica industriale e anche di
intervento pubblico in economica che chi si propone al governo del paese deve
affrontare».
Peccato che Bersani sembri non sentirci sul ritorno dello
Stato come gestore di imprese industriali. Rimane solo Antonio Ingroia e
Landini, dopo la premessa rituale che «il sindacato è autonomo e indipendente»,
ammette che «Ingroia è senz'altro una persona che ha dimostrato di fare il suo
lavoro con autonomia ed indipendenza e può essere una possibile risorsa».