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venerdì 16 novembre 2012

Crisi, doveva essere il 2012 della ripresa e invece siamo al disastro. I dati Eurostat e Istat

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I dati di Eurostat e Istat mettono il timbro su una recessione conclamata che arriva fin dentro le "due locomotive" dell'Ue, Francia e Germania. Tecnici e politici avevano previsto per la fine del 2012 una lieve ripresa e invece sarà l'ennesimo segno negativo. Mentre negli Usa, con l'acqua alla gola, si va verso un aumento delle tasse nel Vecchio continente aggrappati sulle disastrose politiche liberiste.

E' recessione nell'Eurozona: il prodotto interno lordo nel terzo trimestre e' stato negativo, con un calo dello 0,1%, dopo il -0,2% del secondo e la crescita zero del primo. Ma la “media del pollo” nasconde anche un’altra realtà: si stanno fermando i due motori che trasmettevano un po’ di movimento al resto dei vagoni: Francia e Germania. La prima in recessione, la seconda con un rallentamento della crescita dello 0,2%. Oggi a dare i numeri saranno sia Eurostat che Istat. E non ci sarà da stare allegri. L’Italia mostra un quasi impercettibile miglioramento congiunturale mentre sul tendenziale la situazione peggiora. Il Bel paese registra il quinto trimestre consecutivo in 'rosso' ma nel periodo luglio-settembre sembra rallentare la caduta. Il -0,2% congiunturale (ovvero rispetto al trimestre precedente) per l'Italia e' infatti comunque migliore del -0,7% del secondo trimestre e del -0,8% del primo. E' l'industria in Italia a registrare un leggero miglioramento - fa sapere l'Istat - e a contenere dunque la caduta del Pil. Su base tendenziale il prodotto interno lordo diminuisce del 2,4% (come nel periodo aprile-giugno) e la variazione acquisita per il 2012 e' -2%. I primi dati relativi a settembre indicano un deterioramento in termini di consumi, produzione ed occupazione rispetto a quanto registrato nei mesi di luglio ed agosto. Date queste dinamiche e' presumibile che anche il quarto trimestre registri una contrazione dell'attivita'. A peggiorare la situazione sono sia la contraddittorietà delle dichiarazioni di politica e istituzioni, che non ci stanno capendo più niente invischiati come sono nella “rappresentazione mediatica” dell’ottimismo a tutti i costi, sia gli scenari internazionali. E’ di ieri la notizia che gli Usa, o meglio la Fed, che comunque sta spingendo l’acceleratore della spesa pubblica, ha deciso di approntare uno stress test per le banche il cui parametro fondamentale è quello della crisi occupazionale con una disoccupazione al 12,5%. Un dato incomparabilmente migliore di quello europeo che viaggia ormai oltre il 20% come hanno ricordato due giorni fa i sindacati europei. A non farsi illusione è la Banca Centrale Europea che avverte: la crescita nel 2013 resterà debole nell'Eurozona, nonostante sia sostenuta dalle misure della Bce e malgrado il miglioramento del clima di fiducia sui mercati. Le stime di crescita nell'Eurozona per il 2012, 2013 e 2014 vengono infatti riviste in peggio dagli economisti delle istituzioni private. Lo rileva ancora la Bce, presentando i risultati della 'Survey of Professional Forecasters'. Il Pil 2012 e' stimato a -0,5% (da -0,3%), nel 2013 a +0,3% (da +0,6%), nel 2014 a +1,3% (da +1,4%). Il sospetto, nemmeno tanto velato, è che il ventilato cambio di rotta dall'austerity pura verso politiche un po' piu' accomodanti e' perlomeno tardivo, e l'Europa sarà costretta a prendere atto in questi giorni che la morsa della recessione si fa sempre piu' dura per i Paesi in 'salvataggio' e tocca i 'Big', fino a lambire Francia e Germania. Il prodotto interno della Grecia e' precipitato del 7,2% nel terzo trimestre dopo un -6,3% nei tre mesi precedenti. Per l'intero anno, la Commissione Ue prevede ora un -6%, e a seguire un -4,2% nel 2013, che si prospetta come il sesto anno consecutivo di recessione per Atene. Il Portogallo si appresta a chiudere il secondo anno consecutivo in recessione, e di fatto e' da otto trimestri consecutivi in rosso, ultimo il periodo luglio-settembre chiuso con -0,8%.
Nell’Europa - riferisce Eurostat - nel terzo trimestre del 2012 la Germania frena piu' delle attese, con una crescita del Pil, sul trimestre precedente, dello 0,2%, come la Francia. La Spagna segna invece un risultato negativo, con -0,3% rispetto al trimestre precedente. Il Pil dell'Ue nel suo complesso ha registrato una lieve crescita, segnando nel terzo trimestre +0,1% dopo il -0,2% del secondo e la crescita zero del primo.
Rispetto allo stesso trimestre di un anno fa, il Pil e' diminuito dello 0,6% nell'Eurozona e dello 0,4% nell'Ue-27. Il Portogallo si conferma in recessione con -0,8%, cosi' come Cipro (-0,5%). Crescita zero per Belgio, e in negativo anche per l'Austria (-0,1%). La crisi colpisce ora anche l'Olanda, dove il Pil e' calato dallo 0,1% del secondo trimestre al -1,1% del terzo. Come si ricorderà all’inizio dell’anno, e ancora nel 2011 le previsioni per il terzo e quarto trimestre del 2012 erano tutte di segno positivo. Anzi, qualcuno sottolineava che l’Italia doveva prepararsi ad “accalappiare” la ripresina.
Il Fmi ha da tempo rivisto le sue proiezioni, ammettendo che il moltiplicatore fiscale era stato sottovalutato. Anche la Banca centrale europea, un tempo custode del monetarismo, ha spostato l'accento su politiche di stimolo alla crescita assieme ai tagli di spesa (che andrebbero preferiti agli aumenti delle tasse). Forse non a caso, proprio ieri il commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, ha escluso nuove strette anti-deficit per la Spagna, dopo le ''misure ingenti'' che non fanno prevedere sanzioni per Madrid che pure sforera' sugli obiettivi di riduzione dell'indebitamento. Una 'marcia indietro' generale che pero' rischia di non bastare, perche' di fatto la recessione sta facendo saltare il percorso di riduzione del deficit e del debito dei Paesi piu' in difficolta'.
Mario Draghi, presidente della Bce, aveva avvertito una settimana fa che i problemi dell'Europa stanno ''iniziando ad avere impatto'' sull'economia tedesca. Ma paradossalmente l’accento cade sempre sulla riduzione della spesa pubblica. conti si risanano non con
maggiori imposte ma con la riduzione della spesa e non con l’aumento della tassazione. E’ esattamente la ricetta contraria a quella degli Usa dove lo scontro in atto sul “fiscal cliff” fa capire che ormai i “rimedi” liberisti sono morti e defunti.

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