Scritto da Domenico Loffredo*
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Venerdì 22 Giugno 2012 14:46
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Storia di una sentenza che incide sui rapporti di forza tra
FIAT e i lavoratori
Ieri, 21 giugno 2012, la battaglia iniziata esattamente 2
anni fa con il referendum imposto da Marchionne ha rivisto i riflettori
accendersi su di sé. Il giudice del tribunale di Roma ha di fatto accertato
la discriminazione che noi in più occasioni avevamo denunciato, e che anche i
sindacati firmatari dell’accordo negavano.
Dall’elenco fornito dalla stessa FIAT, in cui comparivano
382 lavoratori iscritti alla FIOM il 31/ 12/ 2010, nemmeno uno di questi è
stato riassorbito nella nuova società. Nonostante tutti i tentativi, a dire
il vero alquanto goffi, della difesa, di dimostrare che il caso aveva voluto
questo risultato, una perizia statistica affidata ad un professore di
Birmingham ha smontato tutto l’impianto difensivo, decretando che un caso del
genere poteva accadere casualmente solo una volta su un milione. La notizia è
stata ovviamente accolta con grande gioia da tutti i compagni di Pomigliano,
tanto che alcuni di loro, nella conferenza stampa indetta dalla FIOM, non
hanno saputo trattenere le proprie emozioni.
La sentenza, che impone la riassunzione delle maestranze
iscritte al sindacato dei metalmeccanico della CGIL, 145 per la precisione,
potrebbe cambiare alcuni equilibri, che fino ad ora si erano generati nello
scontro in atto. Il condizionale è d’obbligo vista l’ avversione della FIAT ad
accettare le sconfitte: Infatti l’azienda ha già preannunciato ricorso. È
chiaro a tutti che se la FIOM riesce a fare entrare in fabbrica i propri
iscritti cadrebbe tutta l’intera opera messa in piedi dallo “stratega”
Italo-canadese, di tenere rapporti solo ed esclusivamente con sindacati proni
al suo volere. La fortezza costruita in questi anni comincia a scricchiolare
e questa sentenza è il nostro cavallo di Troia, che può portare all’interno
delle mura un nucleo di combattenti pronti a farsi rispettare.
Il giudizio quindi su quanto avvenuto non può non essere
positivo ma allo stesso tempo bisognerà mantenere la mente lucida, perché le
ricadute reali di quella sentenza per ora sono tutte da vedere. Bisognerà
pertanto sfruttare questo colpo assestato dalla sentenza del tribunale, per
costruire una mobilitazione ampia su Pomigliano che porti ad intrecciare le
discriminazioni oramai accertate con il più difficile nodo del futuro
produttivo. Per intenderci non vorremmo che la controffensiva possa sfruttare
le nuove armi costruite apposta per i padroni da Monti e Fornero,. Tali
norme, che rendono il licenziamento molto più facile, potrebbero giocare un
ruolo importante visto lo scenario non limpido.
Di fatto senza altre produzioni Pomigliano rischia di
essere il nuovo campo su cui sperimentare le nuove norme della riforma
Fornero. Questo tema impone la riflessione anche su quale strategia attuare,
è il momento di affondare il colpo, riprendere la mobilitazione e pretendere
che tutti i lavoratori di Pomigliano e dell’indotto rientrino al lavoro.
* Segretario del Circolo Prc Fiat auto - Avio, Pomigliano
d'Arco
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venerdì 29 giugno 2012
Un cavallo di Troia a Pomigliano Movimento operaio
Fornero bocciata in Costituzione, il Pd pure…
di Fabio Marcelli
Quali sono le doti che si richiedono ai governanti, anche a prescindere, se vogliamo, dal loro orientamento politico? Certamente in primo luogo la fedeltà all’ordinamento giuridico e alle sue norme fondamentali, nel nostro caso, ovviamente, la Costituzione repubblicana, sulla quale sono stati chiamati a giurare non già per l’osservanza di un rituale bizzarro e desueto ma perché devono improntare tutto il loro agire al rispetto e all’attuazione dei principi giuridici in essa contenuti. Poi l’onestà, la trasparenza, la capacità di scindere i propri interessi personali da quelli del Paese.
Quali sono le doti che si richiedono ai governanti, anche a prescindere, se vogliamo, dal loro orientamento politico? Certamente in primo luogo la fedeltà all’ordinamento giuridico e alle sue norme fondamentali, nel nostro caso, ovviamente, la Costituzione repubblicana, sulla quale sono stati chiamati a giurare non già per l’osservanza di un rituale bizzarro e desueto ma perché devono improntare tutto il loro agire al rispetto e all’attuazione dei principi giuridici in essa contenuti. Poi l’onestà, la trasparenza, la capacità di scindere i propri interessi personali da quelli del Paese.
Se ci chiediamo perché l’Italia vada male e verifichiamo
l’esistenza o meno di tali elementari requisiti nei governanti degli ultimi
anni, la risposta viene naturale e spontanea.
Il nostro paese va male perché, per una serie di ragioni che andrebbero attentamente analizzate, coloro che sono stati chiamati a governarlo negli ultimi anni si sono rivelati spesso del tutto privi di tali requisiti.
Non si pretende certo che la signora Fornero sia una luminare del diritto costituzionale e neanche del diritto in genere. Ma la sua battuta sul diritto al lavoro, che non sarebbe tale, è evidentemente rivelatrice, al di là della successiva penosa smentita, del suo approccio, assolutamente antitetico a quello proprio di un governante dignitoso di questo paese.
Il nostro paese va male perché, per una serie di ragioni che andrebbero attentamente analizzate, coloro che sono stati chiamati a governarlo negli ultimi anni si sono rivelati spesso del tutto privi di tali requisiti.
Non si pretende certo che la signora Fornero sia una luminare del diritto costituzionale e neanche del diritto in genere. Ma la sua battuta sul diritto al lavoro, che non sarebbe tale, è evidentemente rivelatrice, al di là della successiva penosa smentita, del suo approccio, assolutamente antitetico a quello proprio di un governante dignitoso di questo paese.
Che cosa dice l’art. 4 della nostra Costituzione? Il testo è
il seguente:
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al
lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.
Ora, se la Repubblica è in mano a gente come Fornero, è
evidente che nulla essa farà per promuovere le condizioni che rendano effettivo
questo diritto, dato che, secondo lei, non di diritto di tratta, ma di una
sciocchezza che i buontemponi dei nostri Costituenti hanno voluto inserire nel
testo della legge suprema perché in preda a un accesso di populismo.
Perché stupirsi quindi se in Italia, secondo i dati ISTAT, ci
sono 2 milioni e 354mila disoccupati, con un tasso di disoccupazione giovanile
pari al 31,9% ?
Certo, c’è la crisi. Ma la crisi non è un evento naturale. E,
se anche lo fosse, le collettività umane esistono e operano appunto per
contrastare gli effetti negativi di eventi di qualsiasi genere.
Non occorre essere dei comunisti sfegatati per affermare questo. Pensiamo alle scelte operate da Franklin Delano Rooselevelt e al New Deal, ad esempio. Solo i più beceri fra i neoliberisti possono ancora essere convinti del fatto che il mercato, lasciato a se stesso, possa risolvere un problema, come quello della disoccupazione, che è un problema mondiale e che richiede pertanto politiche nazionali e internazionali precise basate sull’intervento pubblico.
Non occorre essere dei comunisti sfegatati per affermare questo. Pensiamo alle scelte operate da Franklin Delano Rooselevelt e al New Deal, ad esempio. Solo i più beceri fra i neoliberisti possono ancora essere convinti del fatto che il mercato, lasciato a se stesso, possa risolvere un problema, come quello della disoccupazione, che è un problema mondiale e che richiede pertanto politiche nazionali e internazionali precise basate sull’intervento pubblico.
Il difetto sta nel manico. Farsi governare da una come la
Fornero è un po’ come andare a farsi fare un’operazione chirugica delicata da
un macellaio o affidare alla banda bassotti la sicurezza delle banche. Questo
oramai l’abbiamo capito tutti.
Quello che ancora forse qualcuno fatica a capire è perché un
partito come il PD continui ad affidare le sorti del Paese a gente del genere
(e perché la CGIL esiti ancora a convocare uno sciopero generale contro questo
governo). Sempre a rigor di logica, dovremmo essere portati a pensare che i
gruppi dirigenti di tale partito condividano in sostanza la bieca visione del
mondo di Fornero, Monti e soci, secondo i quali, come dimostrano del resto le
tristi vicende dell’art. 18 e degli esodati, è meglio avere un paese di sudditi
servili e impauriti, privi per l’appunto di diritti, che di cittadini
consapevoli e combattivi. Strada che porta alla rovina, anche economica, questo
nostro disgraziato paese.
Sarò un inguaribile ottimista, ma voglio sperare che il
popolo italiano mandi a quel paese (non il nostro paese), Fornero, Monti e i
loro seguaci politici e sindacali. Infatti il nostro problema di fondo non si
chiama spread e neanche globalizzazione, ma assume le sembianze di una classe
politica-tecnica irrimediabilmente autoreferenziale, arrogante e impreparata,
della quale è giunta l’ora di liberarsi.
da Ilfattoquotidiano.it
da Ilfattoquotidiano.it
venerdì 15 giugno 2012
Quei licenziamenti illegittimi
di ex RSU AluMil
Dopo una vertenza sindacale durata più di due anni con
scioperi e presidio permanente dello stabilimento di Borgo a Mozzano, la
fabbrica produttrice di Alluminio (48 dipendenti) che appartiene al Gruppo
ALL.CO (quasi 600 dipendenti in tutta Italia) è stata condannata, pochi giorni
fa, dal Tribunale di Lucca, Sezione Lavoro, per aver messo in cassa
integrazione a zero ore e successivamente in mobilità
il rappresentante sindacale della FIOM-CGIL ed una
lavoratrice invalida.
A questo servono le tutele garantite dallo Statuto dei
Lavoratori, a partire dall’Articolo 18, importantissimo baluardo che va difeso
a tutti i costi.
Infatti la soppressione o la semplice manomissione dell’Art.
18 aprirebbe la strada a chi, come l’ALUMIL, approfitta della crisi per buttare
fuori dal cancello chi vuole. Magari cominciando dai più deboli o da chi prova
ad organizzare qualcosa per evitare le delocalizzazioni ed i licenziamenti.
Oltre al supporto mai venuto meno della FIOM-CGIL,
Rifondazione Comunista è sempre stata al fianco dei lavoratori Alumil in lotta,
sostenendoli attivamente nelle iniziative di mobilitazione con i propri
militanti e le proprie strutture (“Liberazione”, quotidiano del PRC, dedicò due
intere pagine alla vicenda).
Pochi giornali, invece, la raccontano giusta sull’Articolo 18
e troppi politicanti parlano a vanvera dello Statuto dei Lavoratori.
Probabilmente perché non sanno cosa significa lavorare ai tempi della crisi.
E’ nei momenti difficili che le regole servono e servirebbe
casomai estenderle a tutti per far sì che nessun lavoratore possa essere
esposto a condotte in stile Alumil.
Senza l’Articolo 18, oggi, le imprese si sentirebbero
autorizzate ad operare i peggiori ricatti e le peggiori ingiustizie.
Sostenere che, per uscire dalla crisi, serva poter licenziare
con più facilità ed ingiustamente (perché l’Articolo 18 impedisce i
licenziamenti ”ingiusti”) è vergognoso, fuori dal mondo e fuori da ogni logica.
Difendere l’Articolo 18 è un dovere di civiltà.
(a cura della ex rsu dell’Alumil di Borgo a Mozzano)
domenica 10 giugno 2012
La parola al lavoro", la Fiom incalza sinistra e centrosinistra
“Un sindacato autonomo e indipendente ma non indifferente”.
Parte da qui la foto di gruppo scattata nell’aula magna dell’hotel Parco dei
Principi a Roma dove questa mattina si è svolto l’atteso confronto tra la Fiom
e i partiti di sinistra e del centro-sinistra. Pd, Sel, Idv da una parte e Prc,
Pdci, Alba dall’altra. Una foto che non finirà in nessun album di famiglia, sia
chiaro, perché alla fine ci si lascia con uno stentato arrivederci.
Del resto è proprio la “non indifferenza” della Fiom
all’articolo 18 e alla rappresentanza sindacale/democrazia a segnare
l’incomunicabilità dei metalmeccanici con Pd e Sel. Certe cose, comunque, è
meglio dirsele in faccia.
E da oggi il sindacato dei metalmeccanici avrà almeno la
certezza di aver parlato chiaro. Può proseguire tranquillo sulla sua strada,
quindi. E il leader Maurizio Landini chiudendo i lavori invita tutti alle
giornate del 13, 14 e 15 giugno. Ci saranno un po' di mobilitazioni,
naturalmente, e quegli accenti giusti per sottolineare che la battaglia contro
la cosiddetta "Riforma del lavoro" ancora non è finita.
Partito della Fiom? A giudicare dai contenuti messi sul
tavolo, sembra più che altro una Fiom che si dà tanto da fare. E non certo per
esibire un improbabile protagonismo. E’ sempre la solita grande Fiom, che da
più di un decennio ha deciso di difendere con le unghie e con i denti i diritti
dei lavoratori. Questo sì. L’unico riferimento esplicito che ad un certo punto
il leader Maurizio Landini fa è al sindacato delle origini quando insieme alla
piattaforma generale veniva posto il problema del significato generale della
lotta, ovvero della trasformazione della società.
Oggi c’è più che altro un sindacato che viene messo
nell’angolo dalla politica, dagli imprenditori e dal governo. E quindi cerca,
quasi per istinto, un modo efficace di difendersi.
Del resto, come sottolinea lo stesso Landini
nell’introduzione l’offensiva non è certo di poco conto né, tanto meno,
“tattica”. C’è una Fiat che sta facendo a pezzi la Costituzione della
Repubblica italiana nell’indifferenza generale. C’è un sindacato che si sta
facendo a pezzi da solo e sta cancellando oltre alle conquiste di questi anni
il rapporto democratico con i lavoratori. C’è una crisi usando la quale si
tenta di stravolgere la condizione del lavoro. C’è, infine, una colpevole
mancanza di politica industriale che regala alle imprese la facoltà di
inseguire il “profitto immediato” senza preoccuparsi di avere una visione di
medio-lungo periodo. A tutto questo non basta opporre una piattaforma. Occorre
mettere mano a un programma politico che spazi dalle pensioni alla riduzione
dell’orario di lavoro, dalla lotta all’evasione alla patrimoniale passando per
il reddito di cittadinanza e la scuola. Insomma, Landini la chiama “costruzione
di un altro punto di vista”.
A preoccupare molto la Fiom è la mancanza della legge sulla
rappresentanza. La vicenda della Fiat, basata sulla cooptazione delle sigle ha
impresso una accelerazione senza precedenti alla trasformazione della natura
del sindacato. Rischia di scomparire il principio base che tiene in piedi il
rapporto con i lavoratori: poter contare attraverso il voto. “E’ da lì che
parte l’unità sindacale – dice Landini – non da una alchimia politica”. Il Pd
si guarda bene dal prendere un impegno certo. Pier Luigi Bersani, che risponde
a Landini un po’ come quando si fa l’inventario delle cose da mettere in
valigia per una lunga vacanza, parla di una “legge d’appoggio”. Che vorrà mai
dire? Del resto non si sente in debito verso la chiarezza, nemmeno di fronte
una platea di sindacalisti e di lavoratori. E i fischi, scatenatisi
sull.’articolo 18, li prende anche un po’ per questo atteggiamento di
superiorità. Tutto l’intervento è percorso dal solito leit motiv “questa è una
fase di transizione e quindi dobbiamo badare a difendersi”. E così tra un
“punto di riflessione” sul meccanismo “solo contributivo” e la “nebbia della
Fiat” ecco che guadagna l’uscita molto prima che finiscano gli interventi.
Prima di Flores D’Arcais, che non si risparmia nulla. “Le risposte che
traccheggiano – dice all’indirizzo del Pd – sono le peggiori”. D’Arcais, libero
dalla politica, imbastisce un intervento che fa l’esatta fotografia della
situazione: “La bestia nera per l’estabilishment si chiama Fiom”, dice. Da qui
la necessità di “inventare uno strumento” di fronte al “No” totale del Pd. Una
chiave, quella della critica al Pd, che sta al centro anche degli interventi di
altri intellettuali, come Stefano Rodotà, applauditissimo, che mette sotto
accusa l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Ma non di Mario
Tronti – non a caso ripreso da Bersani – per cui è inutile starsela tanto a
raccontare: il problema in questo momento è prendere il potere.
Chi entra parecchio in palla è il leader dell’Idv Antonio Di
Pietro pronto a scaricare le pistole soprattutto contro Bersani, che a sua volta
non gli nasconde un visibile fastidio. “Gli elettori non hanno bisogno di una
foto (il riferimento è alla "foto di Vasto",ndr) ma di una
proposta concreta, come ha detto Romano Prodi. Non vogliamo fare scelte suicide
ma scelte di campo e chiederemo alla società civile, ai movimenti la forza di
portare avanti le nostre idee”. “Perché devo votare Monti – aggiunge – se è una
sobrietà che mi fa morire di fame?”.
La proposta del segretario del Pdci Oliviero Diliberto, che
sottoscrive in pieno le parole di Landini, sembra un teorema: “Ritorniamo
insieme - rivolgendosi a Vendola - facciamo un percorso unitario. E poi come
soggetto unico negoziamo l'alleanza con il Pd”. Niki Vendola, a scanso di
equivoci, si tiene ben distante. Il suo intervento, anche in questo caso
fortemente “narrativo”, è uno slalom continuo largo rispetto ai temi spinosi e
incredibilmente lento rispetto all’attualità. Parla di “agenda”, “coalizione di
lavoro” e “buona partenza”, ma in quanto a prendere impegni preferisce
rimandare a tempi migliori.
Paolo Ferrero, che parla subito dopo Landini, definisce
quello della Fiom “un ottimo programma di governo”. “Un programma del genere lo
firmerei subito – aggiunge -. Costruiamo un polo di sinistra attorno a questo
progetto, e solo dopo un’unità del genere potremo decidere se e come fare delle
alleanze”. Ferrero parla di mobilitazione unitaria e anche della possibilità di
mettere in campo un referendum. Sul fiscal compact, che equivale al memorandum
della Grecia, è sicuramente il caso di mettere in campo una “azione durissima”.
venerdì 8 giugno 2012
FATTACCIO A MARANELLO
Mentre
i nostri territori sono alle prese con le drammatiche conseguenze del sisma,
nelle ore immediatamente successive alla scossa di martedì 29 maggio alla
Ferrari veniva firmato un contratto integrativo aziendale tra l'Azienda e le
organizzazioni sindacali “complici” (Fim, Uilm, Fismic).
Sul
piano del merito, l'accordo è pessimo: scarsissimi i risultati salariali e
forte adesione al “modello Marchionne”
anche in sede di contrattazione aziendale, con perdite rilevanti legate
alla presenza (secondo la filosofia che chi sciopera, chi si ammala, chi ha
problemi familiari è un assenteista e va punito).
Inaccettabile
anche il metodo: l'ennesimo accordo separato che tiene fuori la Fiom - Cgil, il
sindacato più rappresentativo tra gli operai, preceduto da improvvisate micro assemblee nei reparti (in cui ai
lavoratori non veniva dato niente di scritto per valutare i contenuti) e una
consultazione totalmente opaca, in cui nessuno, come al solito, può controllare
l'esito. Con questo sistema di relazioni
sindacali, è come se l'Azienda firmasse
accordi con se stessa, essendo il ruolo e la credibilità dei firmatari
sindacali totalmente fagocitata dalla volontà Fiat.
MA
LA COSA CHE PIU' INDIGNA, E' LA TEMPISTICA DI QUESTA VERTENZA.
DOPO
ANNI DI TRATTATIVE A VUOTO, SI E' DATA UN'ACCELERAZIONE IMPROVVISA PROPRIO
NELLE ORE SUCCESSIVE ALLA SECONDA SCOSSA, QUANDO LE LAVORATRICI E I LAVORATORI
DI MARANELLO (ALCUNI RESIDENTI NEI PAESI DELLA BASSA) DOVEVANO AFFRONTARE ALTRI PROBLEMI. SE L'ACCORDO ERA TANTO BUONO, CHE FRETTA
C'ERA DI CHIUDERLO E IMPACCHETTARLO COSI' IN FRETTA, IN UN CLIMA IN CUI NON ERA
POSSIBILE UNA VALUTAZIONE SERENA?
Insomma: il furto di diritti e di salario andranno a
nostro avviso annoverati tra le conseguenze “di classe” del terremoto, ovvero
una serie di attacchi ai lavoratori portati avanti dal padronato proprio nel
momento della tragedia e dello stato di bisogno in cui versano tante famiglie.
Un
po' quello che sta succedendo in Parlamento, dove l'abrogazione di fatto
dell'Art.18 (contenuta nel ddl Fornero) sta passando “alla chetichella” con
voto di fiducia, senza alcun dibattito dentro e fuori il Parlamento, mentre il
paese si stringe solidale intorno alle nostre terre così duramente colpite.
CIRCOLO PRC “GRAMSCI” MODENA CITTA’
MONTI: SEDOTTO E ABBANDONATO DAI POTERI FORTI
Povero Monti, lasciato solo dai “poteri forti”!
In effetti l’appoggio della BCE, del FMI, della Commissione
UE, del sistema bancario, ecc. ecc. testimonia di questa sua solitudine. Ed
egli, intrepido eroe e patriota sfida gli economisti Giavazzi-Alesina (peraltro
da sempre suoi sostenitori e consanguinei in termini di affiliazione
ideologica) che lo hanno (poffarbacco!) criticato dalle pagine del Corriere
della Sera.
Che ingrati questi “poteri forti”. Non si accontentano mai.
Come può un povero militante dell’ideologia dei padroni, un duro e puro che ha
dedicato la vita all’interesse del Capitale, qualunque esso sia e qualsiasi
conseguenza abbia (collaborando, ad esempio con Goldman Sachs, alle peggiori
politiche di sfruttamento e riduzione alla fame dei popoli del terzo mondo,
attraverso la speculazione sui prezzi delle derrate alimentari) essere
criticato dal Corriere e da Confindustria. Non c’è più religione. Non basta la
peggiore controriforma europea delle pensioni, non basta l’azzeramento dei
diritti del Lavoro, non basta mettere sul lastrico centinaia di migliaia di
lavoratrici e lavoratori in conseguenza dell’effetto congiunto dell’aumento
dell’età pensionabile e della drastica riduzione degli ammortizzatori sociali.
Il fatto è che il nostro eroe preferisce la parte di vittima
a quella di asino dell’economia. Le sue politiche hanno contribuito al
peggioramento di tutti gli indicatori economici e stanno pesando come macigni
sulla qualità della vita dei sudditi, concessigli in ostaggio dal connubio tra
PD e PDL, dal collaborazionismo di CISL, UIL, UGL e dall’ipocrisia della CGIL.
Il suo governo si può fregiare dei peggiori dati in termini
di PIL, produzione industriale, occupazione, inflazione e debito pubblico.
Quest’ultimo, sempre evocato come l’obiettivo principale, è peggiorato sia in
termini assoluti che percentuali rispetto al PIL. Ultimo esempio, l’ammanco di
3,5 mld. di entrate fiscali rispetto alle sue previsioni (del dicembre scorso),
nei primi quattro mesi di quest’anno, dovuto in gran parte alle minori entrate
dell’IVA. Insomma, come largamente prevedibile, aumentando le imposte e
tartassando salari e pensioni si è ottenuta un’ulteriore stretta dei consumi
che ha ridotto le entrate.
Insomma, il governo dei “professori” è riuscito a ridurre il
gettito fiscale, aumentando le imposte. Non male! Come avvenuto in Grecia, le
politiche suicide di BCE-FMI-UE massacrano l’economia e richiedono sempre
ulteriori interventi recessivi. Monti anziché allontanarci dal pericolo greco,
ci avvicina rapidamente ad esso.
La spiegazione c’è. Questo emissario degli interessi del
capitale finanziario sta portando a termine il suo compito: piallare diritti e
redditi da Lavoro e devastare il welfare. Mettere in ginocchio le classi
subalterne per garantire la massima profittabilità del capitale finanziario.
Non c’è certo inconsapevolezza degli effetti delle sue scelte, al contrario, si
tratta di una consapevole e forsennata politica di classe.
Monti richiama sempre più alla mente una famosa battuta di
una grande “maschera” della commedia dialettale genovese. Gilberto Govi diceva
alla moglie (impenitente bugiarda): “Gina, che faccia! E lastre fan sangue!”
(traduzione: hai una faccia talmente tosta che, se cadi, le lastre della strada
sanguinano).
Sergio Casanova
giovedì 7 giugno 2012
No alla controriforma del lavoro No alla precarietà
Con la
controriforma del lavoro approvata con voto di fiducia al Senato, tutto il
mondo del lavoro, senza distinzioni, diventa precario e sottoposto alle
peggiori condizioni di ricatto e sfruttamento.
La
controriforma Fornero:
Ø
estende e rende ancora più facile la
precarietà dei contratti, completando l’opera della legge Biagi e del pacchetto
Treu. Le 46 forme di contratto precario restano tutte e, anzi in molti casi
(apprendistato, lavoro a chiamata, contratti a termine), le condizioni dei
lavoratori vengono ancora peggiorate.
Ø
Si tagliano brutalmente gli
ammortizzatori sociali, cancellando la Cassa integrazione e la mobilità per chi
ne ha più bisogno. Al loro posto solo un’indennità di disoccupazione di 18 mesi
per chi ha più di 55 anni, che può
essere cancellata se si rifiutano lavori pagati 400 euro al mese.
Ø
Nessun reddito sociale, nessuna
estensione dei diritti, ma solo una ridicola mini-indennità di disoccupazione
della durata di 3 mesi per i più fortunati tra i precari.
Ø
Si aumentano le tasse sul lavoro
precario, che verranno pagate con la riduzione dei salari.
Ø Si cancella l’articolo 18. La libertà di licenziamento
economico in piena crisi economica significa la totale libertà di
licenziamento. Si distrugge così lo Statuto dei diritti dei lavoratori.
Questa
controriforma risponde ai diktat della Bce e della finanza internazionale. Il
uso scopo è quello di estendere ovunque il lavoro a basso costo e a
supersfruttamento, applicando a tutto il mondo del lavoro il modello
Marchionne. La più vergognosa bugia del governo è che questa cancellazione dei
diritti dia più possibilità ai giovani e alle donne. E’ vero l’esatto
contrario, saranno proprio i giovani, i precari e le donne a pagare di più i
costi della controriforma.
Questa
controriforma terribile passa con il voto favorevole del Partito Democratico e
con la complicità, la debolezza, lo spirito di resa, di Cgil Cisl Uil. In
nessun paese europeo sono passate riforme sociali così brutali, le pensioni, il
lavoro, l’Imu, senza una reazione delle grandi organizzazioni. Solo in Italia
questo è successo.
Non possiamo rassegnarci ai
cedimenti politici e sindacali. Ci vuole uno sciopero generale che fermi il
paese e una mobilitazione che duri fino a far cadere il governo.
8 GIUGNO
2012
Manifestazioni
in tutte le piazze d'Italia
Genova
ore 17 p. De Ferrari
COMITATO NO DEBITO GENOVA
www.nodebito.it nodebitogenova@gmail.com 3452273436
Partecipano: Usb, Cobas, Snater, Prc, Sinistra Critica,
Attac
NO ALLA CONTRORIFORMA DEL LAVORO LICENZIAMO MONTI !
Il governo dei banchieri, della Bce e dell'Unione
Europea ha sferrato un durissimo attacco ai lavoratori attraverso riforme che
cancellano il diritto alla pensione,
aumentano in modo insopportabile la pressione fiscale sul reddito fisso a
partire dall'introduzione dell'IMU, colpiscono i consumi essenziali.
In queste ore alla Camera si discute l'ennesimo
attacco ai diritti dei lavoratori. La controriforma del lavoro, già approvata
al Senato, cancella l'articolo 18, taglia indiscriminatamente gli
ammortizzatori sociali, aumenta la precarietà e apre ai licenziamenti di massa
nel Pubblico Impiego.
Contro questo attacco indiscriminato alle condizioni
di vita e di lavoro , in contemporanea con analoghe iniziative a Roma di fronte
a Montecitorio e in tutta Italia
PRESIDIO PIAZZA DE FERRARI
8 GIUGNO 2012 ORE 17
Aderiscono : Comitato No debito Genova, Usb, Cobas, Snater ,
Prc Genova, Sinistra Critica
Ge, Attac Genova.
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