«Mi chiese quanto volessi per ricomporre la questione». Il consigliere
regionale Mario Venezia (Fratelli d’Italia) cercò di intervenire su uno dei
giovani della sua segreteria dopo la convocazione degli investigatori. Il
racconto del ragazzo è contenuto in un verbale di due pagine depositato dagli
investigatori pochi giorni prima della notifica dell’avviso di conclusione
delle indagini preliminari dell’inchiesta sui rimborsi «scroccati» dai
consiglieri regionali alla Regione Basilicata.
Daniele Dragonetti, convocato come testimone dai carabinieri (dopo essere già
stato sentito dalla Guardia di finanza nel mese di dicembre del 2012), ha
dichiarato: «Preoccupato per la convocazione della Guardia di finanza, ho
chiamato Mario Venezia per ricevere qualche delucidazione. Il consigliere mi
chiese di incontrarlo di persona. La sera, quindi, ci incontrammo in un bar di
Montescaglioso. Venezia, intuendo il motivo della convocazione, si raccomandò
che in caso me lo avessero chiesto, dovevo riferire che con lui avevo solo una
collaborazione sporadica e non a tempo pieno come invece era».
Gli investigatori ritengono che Venezia sui compensi di alcuni suoi
collaboratori, tra cui Dragonetti, facesse la «cresta», trattenendo per sé
parte dello stipendio. Dice Dragonetti: «Venezia mi disse di ricontattarlo
immediatamente il giorno dopo, una volta terminata la mia escussione. Ricordo
che si raccomandò anche di usare cautele nella comunicazione telefonica. In
particolare, essendo lui un medico, io dovevo dirgli di sentirmi poco bene e
quindi chiedere un incontro per una visita medica. In quella circostanza mi
diede 50 euro, visto che andavo a Potenza per colpa sua. Io, dopo l’escussione,
non lo chiamai. Fu lui a chiamare con insistenza, con numeri che poi ho
scoperto essere di sua madre e della clinica per cui lavora. Non avendo
ricevuto risposta - sostiene il testimone - Venezia mi si presentò sotto casa e
attese nonostante la pioggia battente. Quando rientrai, aprì la portiera della
mia auto e entrò. Era in evidente stato di agitazione. Gli chiesi di andare
via».
È in quel momento, stando al racconto del testimone, che Venezia gli avrebbe
proposto: «Venezia - si legge nel verbale - dopo avermi chiesto se fosse mia
intenzione costituirmi parte civile nei suoi confronti, tirò fuori il
portafogli chiedendomi quanto volessi per ricomporre la questione. A quel gesto
minacciai di chiamare la Guardia di finanza. Uscì dall’auto e si allontanò». E
i 50 euro che gli diede per raggiungere Potenza? Racconta Dragonetti: «Glieli
restituii, con l’aggiunta di 70 centesimi, in busta chiusa, tramite un suo
nipote, accompagnandola con il seguente messaggio scritto a penna. “La dignità
non si acquista con una laureo o con titoli e cariche ormai decadute. Non la si
acquista con soldi. E io ne ho più di te. Riprenditi questa banconota da 50
euro che mi hai dato per andare a Potenza. Affinché quel viaggio serva a dare
giustizia alla gente onesta. I 70 centesimi sono per un caffè. Meglio se lo
prendi da solo, magari ti abitui”. Da allora non ho avuto più contatti con
lui».
sabato 25 maggio 2013
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