Secondo il rapporto del centro studi, il sommerso vale circa il 6,5% del
Pil nazionale. Il fenomeno riguarda soprattutto il Mezzogiorno. Ma il
segretario Bortolussi aggiunge: "Durante la crisi costituisce un vero e
proprio ammortizzatore sociale"
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Sono quasi 3 milioni i lavoratori in nero presenti in Italia. E con le loro
prestazioni producono 102,5 miliardi di Pil irregolare
all’anno (pari al 6,5% del Pil nazionale), sottraendo alle casse dello Stato
43,7 miliardi di euro di gettito.
I numeri, riferiti al 2011 (ultimo anno
disponibile), sono stati elaborati dalla Cgia di Mestre,
che ha misurato il peso economico del lavoro sommerso presente
in Italia. Una piaga che vede coinvolti
milioni e milioni di persone: lavoratori dipendenti che fanno il secondo lavoro; cassaintegrati o pensionati che
arrotondano le loro magre entrate, disoccupati che in attesa di rientrare
ufficialmente nel mercato del lavoro sbarcano il lunario “grazie” ai proventi
di una attività irregolare. “Con la crisi economica –
esordisce il segretario Giuseppe Bortolussi -l’economia
sommersa ha subito una forte impennata. In questi ultimi anni chi ha perso il
lavoro non ha avuto alternative: per mandare avanti la famiglia ha dovuto
ricorrere a piccoli lavoretti per portare a casa qualcosa. Una situazione che
ha coinvolto molti lavoratori del Sud espulsi dai luoghi di lavoro”.
Dallo studio della Cgia emerge che la Regione più a “rischio” è la Calabria che presenta 181.100 lavoratori in nero e
un’incidenza percentuale del valore aggiunto da
lavoro irregolare sul Pil pari al 18,6%. Questa situazione, secondo l’elaborazione
della Cgia, si traduce in 1.375 euro di imposte evase in capo ad ogni singolo
residente della Regione Calabria. Segue la Basilicatache con
appena 45.600 unità di lavoro irregolari “produce” un Pil in “nero” che pesa su
quello ufficiale per il 14,7%: le tasse che mediamente vengono a mancare in
Basilicata per ciascun residente sono pari a 1.174 euro all’anno. Ma in
generale è tutto il Sud a soffrire la presenza dell’economia sommersa: quasi la
metà (19,2 miliardi su 43,7) del gettito potenzialmente evaso è in capo alle
regioni del Sud.
“Con la presenza del sommerso – conclude Giuseppe Bortolussi- la
profonda crisi che sta colpendo il Paese ha effetti
economici e sociali meno pesanti di quanto non dicano le statistiche ufficiali.
E’ evidente che chi pratica queste attività irregolari fa concorrenza sleale nei confronti degli operatori
economici regolari che non possono o non vogliono evadere. Ma nel Mezzogiornopossiamo affermare che il sommerso
costituisce un vero e proprio ammortizzatore sociale“.
“Sia chiaro – prosegue Bortolussi – nessuno di noi vuole elogiare il lavoro nero. Tuttavia, quando queste forme di
irregolarità non sono legate ad attività riconducibili alle organizzazioni criminali, costituiscono in questi
momenti così difficili un paracadute per
molti disoccupati o pensionati che non riescono ad
arrivare alla fine del mese”.
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