Il patto siglato coi sindacati per assumere 800 lavoratori nello staff
dell'evento fa gola a Confindustria e ad altre associazioni imprenditoriali che
puntano a estenderlo erga omnes. Obiettivo, ampliare la possibilità di
ricorrere al contratto a termine. Ma Cgil, Cisl e Uil dicono no. L'economista
Tito Boeri: "Il mercato del lavoro ha altri problemi. Ci vogliono
contratti con tutele progressive"
di Luigi Franco | 27 luglio 2013
Più informazioni su: Cgil, Confindustria, Contratti a Termine, Expo 2015, Precariato.
Per Enrico Letta è
il “cuore della ripresa” e anche il “volano per la nostra economia”. E ora Expodiventa anche il cavallo di Troia per introdurre nuova flessibilità nel mercato del lavoro. Oppure,
detto in altro modo, nuovo precariato. L’accordo siglato questa settimana dai
sindacati con Expo spa, la società di gestione dell’evento, per la creazione a
livello locale di 800 posti di lavoroa termine ha
infatti rinvigorito le ambizioni di chi vuole introdurre una deregulation
all’insegna dell’esposizione universale. In testa le imprese, che chiedono di introdurre contratti a termine
liberi per tutte le aziende e in tutta Italia, da ora fino alla fine del 2016.
Un’idea che i sindacati respingono con forza: “No a deroghe per legge, né a
deroghe nazionali”, ribadisce il segretario generale dellaCgil Susanna Camusso. Mentre
per l’economista Tito Boeri, il mercato del lavoro
ha ben altri problemi: “Il grande evento – dice – lasciamolo da parte”. E
rilancia i contratti a tutela progressiva.
Le imprese hanno messo nero su bianco la
loro proposta due settimane fa, nella bozza di un emendamento da presentare in commissione Lavoro al Senato, dove è in discussione il decreto legge sul Pacchetto lavoro approvato a fine giugno dal
consiglio dei ministri. Confindustria, Abi(Associazione bancaria italiana), Ania (Associazione nazionale fra le imprese
assicuratrici), Alleanza delle cooperative e Rete Imprese Italia si sono spinte a chiedere la
possibilità di stipulare con la stessa persona, e senza obbligo di indicare la
causale, fino a sei contratti a termine, con una pausa di soli 5
giorni tra l’uno e l’altro, per un massimo di 36 mesi. Il tutto per i prossimi
tre anni e mezzo e su tutto il territorio nazionale. La norma attuale, invece,
prevede di omettere la causale solo nel primo contratto. Abolirla del tutto,
come chiedono le imprese, impedirebbe al lavoratore di ottenere dal giudice
l’assunzione a tempo indeterminato nel caso in cui avesse dovuto svolgere
mansioni diverse rispetto a quanto pattuito (causale non rispettata). Con il
Pacchetto lavoro approvato dal governo, inoltre, i tempi di pausa tra contratti
successivi sono già stati ridotti a 10 giorni (20 per contratti più lunghi di 6
mesi), rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero (60
e 90 giorni).
Con gli imprenditori si è schierato Maurizio Sacconi, ex ministro del Lavoro e attuale
presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, che è arrivato ad
auspicare una “deregolamentazione spinta” in vista di Expo. Un’ambizione che è
stata rilanciata dopo che Expo spa, Cgil, Cisl e Uil hanno siglato un accordo che prevede deroghe
per l’assunzione di 300 dipendenti con
contratti a tempo determinato, 340 apprendisti under 29 e 195 stagisti che lavoreranno sul sito a cavallo
tra Milano e Rho. Un’intesa che
per Letta può essere “un modello nazionale” e che è stata festeggiata da
Corriere della Sera e Stampa con titoloni in prima pagina, del tipo “Il lavoro
flessibile parte da Expo” e “Svolta sui contratti flessibili”. E’ toccato allo
stesso Sacconi ridimensionare il tam tam mediatico: “Poca roba – ha dichiarato
-. Stiamo parlando di 800 lavoratori”.
Insomma, le imprese vogliono ben altro.
Tanto più che gli Expo-ottimisti promettono ben 190mila posti di lavoro in più
da qui al 2020, grazie all’esposizione e all’indotto. Le imprese, inoltre,
chiedono contratti flessibili per tutti, anche per chi non avrà nulla a che
fare con l’Expo. La loro richiesta è stata per il momento frenata dal ministro
del Lavoro Enrico Giovannini, che però ha
definito un “primo passo” l’accordo milanese e ha chiesto a imprese e sindacati
di arrivare a un accordo sulle regole per i contratti di lavoro per l’Expo
entro metà settembre, altrimenti “governo e parlamento faranno quello che è
necessario”.
Ma di deregolamentazione spinta non
vogliono sentire parlare i sindacati, disponibili al massimo a forme di
flessibilità da contrattare caso per caso, come è accaduto per l’intesa
milanese: “Qui – spiega Camusso – c’è un’impresa che ha detto di aver bisogno
di un tot di persone con determinate caratteristiche per fare questi lavori e
di condizioni che rispondano all’evento, che è una esposizione mondiale
straordinaria. Di conseguenza, come è normale, si costruisce l’accordo, sulla
base delle tutele necessarie per quei lavoratori”. Simile la posizione del
segretario generale della UilLuigi Angeletti:
“Siamo disponibili – spiega – ad accordi che permettano alle imprese di
assumere in vista dell’Expo, con
flessibilità, ma purché
questa flessibilità
abbia limiti di tempo e soprattutto sia
retribuita maggiormente rispetto ai contratti a tempo
indeterminato”.
Secondo Tito Boeri, l’intesa tra Expo spa e i sindacati
ha valenza locale e non gli andrebbe data enfasi eccessiva: “Quella che bisogna
introdurre nel mercato del lavoro – spiega – è una certa flessibilità in
ingresso, attraverso contratti a tutele progressive:
per un nuovo assunto, i costi che l’azienda deve sostenere in caso di
licenziamento all’inizio sono bassi. Poi aumentano gradualmente con la durata dell’impiego”. Un sistema per garantire ai
lavoratori indennizzi crescenti con il passare del tempo. E che a parere di
Boeri incentiverebbe le assunzioni.
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