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martedì 4 settembre 2012

l lavoro tradito

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Giovani neolaureati e cinquantenni estromessi dal mercato del lavoro. Sono questi i due poli che dipingono la realtà della disoccupazione in Italia. Numeri brutali che meritano una riflessione politica e sociale. Il futuro? Grigio.

Mercato del lavoro in recessione. Allarmanti, infatti, i dati diffusi sulla disoccupazione, e in particolare sulla disoccupazione giovanile. Abbiamo provato a delineare questo scenario con l'aiuto di Roberto D'Incau, head hunter ed executive coach.

Sono reali i dati sulla disoccupazione, oppure sono numeri sottostimati, che non dipingono la realtà del mercato del lavoro italiano?
La disoccupazione, non solo giovanile, è un tema assolutamente caldo, che soprattutto in questo rientro postvacanze riguarda moltissime persone, giovani ma anche, purtroppo, persone che sono oltre i 40-50 anni, che vengono lasciate a casa.
Dunque, direi che c'è un dato drammatico per quanto riguarda la disoccupazione su due poli: da un lato, i ragazzi che escono dall'università, che hanno una formazione superiore e che fanno fatica a trovare lavoro, o che trovano delle collocazioni insoddisfacenti; dall'altro, le persone oltre i 45 - 50 anni che vedono l'età della pensione ancora lontana ma vengono estromesse dal mercato del lavoro.
Sui numeri: io non sono un statistico per cui non ho dati su cui ragionare, ma certo la realtà del mondo del lavoro è molto difficile. È anche vero, questo lo devo dire ma non attutisce assolutamente la drammaticità della situazione, che l'Italia è un paese con un forte sommerso, fatto questo che soprattutto in alcune aree del paese potrebbe in qualche modo leggermente attutire l'impatto brutale dei numeri. E' vero anche che ci sono situazioni di precariato che non emergono dai dati ufficiali dell'occupazione, ma questo non addolcisce affatto la pillola.
Io come professionista, come head hunter, come coach e anche come autore di libri e di articoli sul tema del lavoro, non ho soluzioni, certamente penso che questa disoccupazione così drammatica meriti una riflessione politica e sociale e, probabilmente, anche una riflessione più piccola sia sulle scelte professionali che si fanno, sia sulla formazione che le nostre università danno. È indubbio che spesso c'è uno scollamento molto forte e una impreparazione immediata a affrontare il mercato del lavoro quando si esce dall'università. E' anche vero, e mi capita spesso di verificarlo nelle scuole in cui insegno, che gli studenti spesso vogliano fare tutti le stesse scelte, banalmente nella moda lo studente dice: voglio fare lo stilista, mentre ci sono altre professioni che hanno un mercato e talvolta vengono sottovalutate dagli studenti.
Qual è il tappo che impedisce al nostro mercato del lavoro di crescere?
Sono appena tornato da un viaggio negli Stati Uniti, dove ho visto una realtà estremamente difficile, con tanti giovani homeless in strada. Questo per dire che la realtà del lavoro in questo momento è molto dura a livello internazionale. Tornando all'Italia, devo dire che secondo me da qualche parte c'è una inefficienza del sistema scolastico in termini di orientamento. Certo, a 17-18 anni è normale non avere le idee chiare sul proprio futuro, però quando mi capita di parlare con i ragazzi appena usciti dai licei, ho l'impressione che manchi un reale orientamento, che non sia solo quello familiare. Un confronto realistico, per esempio con persone come noi che hanno il termometro del mondo del lavoro, penso che sia molto utile.
Spesso, inoltre, mi capita di incontrare persone che hanno anche delle formazioni interessanti che però non hanno veramente la minima idea di quello che il mondo del lavoro si aspetta.
Circa il costo del lavoro, questa è una vexata quaestio sed quaestio, nel senso che gli imprenditori spesso dicono che in Italia il costo del lavoro è molto alto, certamente se lo rapportiamo a dei paesi come la Cina o all'est Europa questo è sicuramente vero, però è anche vero che è tutto rapportato anche al costo della vita. Io non ho l'impressione che il costo del lavoro sia totalmente sproporzionato, anzi ho l'impressione talvolta che ai nostri giovani, per esempio neolaureati o in posizioni junior, noi offriamo solo stage, proprio perché le aziende pensano: questi fanno esperienza a nostre spese e li paghiamo poco. Io invece ritengo che il sistema andrebbe migliorato, cercando di far uscire degli studenti che abbiano già fatto degli stage o delle esperienze lavorative. E' quello che non mi stanco mai di ripetere ai miei studenti: fate esperienze estive, muovetevi, andate all'estero, cercate di avere un approccio con il mondo reale.
Quali dinamiche future immagina per il lavoro in Italia?
Il mercato del lavoro è la cartina al tornasole di come va l'economia. L'outlook, cioè la visione per i prossimi due anni, non è estremamente positiva. Dal mio osservatorio posso però dire che la tesi secondo cui il mercato del lavoro in Italia è ingessato, legato a logiche clientelari, è vera solo in parte. Soprattutto in alcuni settori ci sono delle sacche di competenze in cui la richiesta supera l'offerta, si tratta davvero di cercare di mettere insieme, dato un contesto sicuramente recessivo, la domanda e l'offerta. Ciò non toglie, vista l'inefficienza in questo senso del sistema formativo, che bisognerebbe fare qualcosa di più per migliorare i dati drammatici della disoccupazione giovanile.

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