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mercoledì 12 settembre 2012

Cgia, nel secondo semestre l'Italia rischia di perdere 202.000 posti di lavoro

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Preoccupazione per i dati consegnati dalla Cgia di Mestre ed emersi incrociando i dati occupazionali dell'Istat e quelli realizzati da Prometeia. Secondo i risultati nel secondo semestre di quest'anno in Italia si rischia di perdere 202.000 posti di lavoro. Tra questi, va specificato, 172.000 sono in forza tra le piccole e medie imprese.
"Il risultato emerso è preoccupante rispetto al secondo trimestre del 2012 - dichiara Cgia. - Nella seconda parte dell'anno infatti corriamo il rischio di ritrovarci con 202.000 occupati in meno. Se teniamo conto che circa 30.000 esuberi sono riconducibili ad addetti occupati nelle grandi aziende che hanno aperto un tavolo di crisi presso il ministero dello Sviluppo Economico, gli altri 172.000 sono alle dipendenze delle piccole e medie imprese". "Premesso che negli ultimi quattro anni la variazione dei posti di lavoro riferiti alla seconda parte dell'anno e' sempre stata negativa - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - la stima riferita al 2012 e' comunque peggiore solo al dato di consuntivo riferito al 2009. Purtroppo - prosegue Bortolussi - in queste ore non si sta consumando solo la drammatica situazione dei lavoratori dell'Alcoa o dei minatori del Carbosulcis, ma anche quella di decine e decine di migliaia di addetti delle pmi che rischiano di rimanere senza lavoro".
La Cgia si esprime con chiarezza e invita lo stesso Governo ad aiutare le piccole e medie imprese. "Le ristrutturazioni industriali avvenute negli anni '70, '80 e nei primi anni '90 presentavano un denominatore comune. Chi veniva espulso dalle grandi imprese spesso rientrava nel mercato del lavoro percheé assunto in una pmi. Oggi anche queste ultime sono in difficolta' e non ce la fanno più a creare nuovi posti di lavoro. Per ridare slancio alle piccole realtà imprenditoriali che continuano ad essere l'asse portante della nostra economia diventa determinante recepire in tempi brevissimi la Direttiva europea contro il ritardo dei pagamenti, per garantire una certezza economica a chi, attualmente, viene pagato mediamente dopo 120/180 giorni dall'emissione della fattura. Bisogna trovare il modo - conclude Bortolussi - per agevolarne l'accesso al credito, altrimenti l'assenza di liquidita' rischia di buttarle fuori
mercato. Infine, bisogna alleggerire il carico fiscale premiando anche i lavoratori dipendenti, altrimenti sarà estremamente difficile far ripartire i consumi interni".


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