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lunedì 3 settembre 2012

Atesia chiude e licenzia 632 operatori

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Commesse trasferite nel Sud, dove il lavoro costa meno. Martedì sciopero unitario di quattro ore

Almaviva torna a far penare gli operatori dei call center, e questa volta con una decisione choc: chiude la sede di Via Lamaro a Roma, che non è altro che il palazzo della vecchia Atesia (oggi si chiama Almaviva contact). È anche un momento storico, se vogliamo, visto che Atesia ha fatto parlare tanto di sè negli anni passati, incarnando il simbolo della precarietà. Martedì scorso è stata comunicata la decisione di richiedere la cassa integrazione straordinaria per tutti i 632 dipendenti, adducendo come motivazione la crisi del settore: «Nel 2011 i ricavi degli operatori telefonici, principali clienti dei call center, sono scesi del 3%, causando per la prima volta una riduzione di volumi e fatturato», spiega la società di Alberto Tripi.
I sindacati però non ci stanno, e compatti, dall’Ugl ai confederali fino ai Cobas, hanno indetto uno sciopero di 4 ore con presidio per martedì prossimo. Soprattutto, denunciano il fatto che le commesse cui sono addetti gli operatori non sono affatto sparite, ma verranno trasferite nelle sedi di Rende, nel cosentino (la commessa Tim), a Milano (Eni) e a Catania (Mediaset). A Rende, in particolare, sono già pronte 250 nuove assunzioni, a costi più bassi rispetto agli operatori di Roma. E qui i sindacati vedono l’inganno.
«A Rende non solo si usufruisce di sgravi, ma si inquadrano gli operatori al secondo livello contro il nostro terzo/quarto – spiega Massimiliano Montesi, Rsu Slc Cgil – sono previsti 6 mesi di prova invece di 3, e ci sono norme peggiorative riguardo al controllo individuale». Insomma risparmio sui costi e maggiore «produttività», visto che si inaspriscono i controlli.
«La commessa Tim è già di fatto trasferita a Cosenza – dice Alessio Guarnaccia, Rsu Cobas – Ad agosto avevano chiesto addirittura gli straordinari su Roma, ma già da 4-5 giorni le chiamate sono molto diminuite. La cosa peggiore è che si sta chiudendo una sede intera e mettendo sulla strada 632 persone senza neanche ipotizzare una rotazione con gli altri call center: è evidente che l’obiettivo è quello di liberarsi di operatori più costosi rispetto a quelli del Sud, e che non usufruiscono più di incentivi. A Rende, invece, a parte il peggioramento contrattuale, Almaviva godrà di sgravi fiscali e contributivi grazie alle nuove assunzioni, e di incentivi regionali. Mentre noi veniamo scaricati sull’Inps: soldi pubblici usati praticamente per licenziare».
E di soldi pubblici non è che Almaviva non ne abbia presi, negli anni. Un documento delle Rsu spiega ad esempio che nel 2000 per ogni lavoratore assunto a Roma, Napoli, Palermo e Catania venne riconosciuto un credito di imposta di 800 mila lire. Poi, nel 2006, la stabilizzazione successiva alla legge Damiano, che riconobbe la possibilità di una sanatoria sui pregressi per anni di sfruttamento. Infine, l’ampio ricorso agli ammortizzatori sociali.


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