È il tormentone dell’inverno, l’articolo 18. Per la
società civile si tratta di una garanzia conquistata dopo anni di dure lotte,
eppure in questi giorni si torna a manifestare per la tutela degli operai dai
licenziamenti facili. Lo ha fatto la FIOM il 9 marzo scorso a Roma:
Maurizio Landini in testa, l’Italia dei Valori con Felice Belisario… la mesta
astensione del Partito Democratico.
Tra i manifestanti, arrivati da diverse regioni d’Italia,
anche gli operai FIAT “SATA” di S. Nicola di Melfi, nuovamente reintegrati da
una sentenza che Marchionne si ostina ad ignorare; per loro l’invito a Palazzo
Madama giunge dal presidente dei senatori IDV Belisario.
Giovedì 15 marzo la delegazione FIOM arriva al Senato per
assistere ad una delle tante discussioni sulla riforma del lavoro. Fuori
dall’aula sono stati lasciati soprabiti, cellulari, borse e macchine
fotografiche; è vietato anche l’uso di carta e penna e agli interventi degli
onorevoli non è consentito dissentire né applaudire, poiché “ …il
pubblico deveessere super partes!”, come ammonisce un addetto alla
sorveglianza ad uno dei delegati, che sorpreso ironizza “…ma noi non
siamo un pubblico, siamo il popolo!”.
Le loro testimonianze vengono raccolte alle 14:00, in una
conferenza stampa dell’IDV tenutasi nella sala Nassirya: l’Onorevole Belisario
apre la conferenza indossando la felpa della FIOM e lamentando la scarsa
trasparenza del ministro Elsa Fornero sulle intenzioni di FIAT in Italia. Pur
sottolineando l’importanza dell’azienda nel Paese, mette in evidenza anche i
vincoli che essa ha nei confronti dello Stato e il debito con gli operai, senza
i quali non sarebbe diventata detentrice di
quel potere economico che Marchionne tenta di usare per
portare a proprio vantaggio i percorsi giudiziari.
Intervengono anche i senatori Giuliana Carlino, Francesco
Pardi ed Elio Lannutti, che trattiene a stento un velo di commozione ricordando
il suo passato da operaio.
Ma a commuovere l’intera aula sono gli operai, veri
protagonisti della conferenza: Giovanni Barozzino, sindacalista FIOM e Marco
Pignatelli che del sindacato ha solo la tessera. Accusati di aver fermato un
carrello in azienda durante uno sciopero e licenziati con Antonio Lamorte,
anche lui sindacalista, assente per problemi di salute dovuti allo stress
subìto a causa di questa vicenda.
La loro innocenza nei fatti è stata ampiamente comprovata in
tribunale, assieme al comportamento antisindacale dell’azienda, eppure parlano
poco di questo. Ricordano di aver vissuto la vicenda in maniera surreale “quando
abbiamo sentito dei tre licenziati, pensavamo si trattasse non di
noi, bensì di qualcun altro… non ci sembrava possibile!”dichiara Giovanni
Barozzino, con lo sguardo di chi –paradossalmente- ha ancora il timore di
doversi giustificare. Poi esprimono la loro solidarietà e una speranza per i
tanti compagni che ancora oggi vivono lo stesso dramma o subiscono vessazioni
da parte dei lori superiori, nonostante la libertà sindacale sia garantita
dalla nostra Costituzione. Infine prende la parola Marco Forgione, che in SATA
lavora ancora, ma è stato spostato in un reparto saturo di fumi di saldatura,
malgrado abbia avuto dei problemi molto gravi ai polmoni, dopo aver
testimoniato in aula a favore dei tre compagni licenziati. Non è un caso
limite. Michele Corbosiero non è intervenuto, ma a lui è capitato di svenire
durante il lavoro; aveva già subìto un intervento al cuore e dall’ospedale, in
cui era stato trasferito dopo la visita in infermeria, era partita la pratica
dell’infortunio. Poco dopo riceveva una telefonata dal suo capo che, anziché
augurargli una buona convalescenza, gli intimava di ritirare l’infortunio e
mettersi in malattia. E’ quello che, da un pò di tempo a questa parte, sembra
essere il destino di tutti i lavoratori tesserati a quelle sigle sindacali
contrarie, senza ambiguità, agli intenti di stravolgere i contratti di lavoro
nazionali e aziendali. Il timore costante di essere licenziati.
Lo vivono sulla loro pelle anche gli altri operai della
delegazione FIOM di Melfi: Mimmo Destradis, Maria Labriola, Antonio Martina,
Iolanda Picciariello, Pina Imbrenda e Principio Di Nanni. Dalla prima fila
della sala Nassirya si è levato il loro applauso più caloroso, agli onorevoli
ma soprattutto ai loro colleghi, che –in ultima istanza- hanno espresso un
unico desiderio, “…tornare alla nostra meravigliosa normalità” .
Semplice come loro. Del resto, è il requisito fondamentale per essere assunti
da operai, come dice il titolo del libro di Giovanni Barozzino “Ci
volevano con la terza media”…
La speranza più grande, a questo punto, è che questo nostro
governo tecnico rifletta attentamente prima di andare ad intaccare quei pochi
baluardi rimasti a tutela dei più deboli, come l’articolo 18. Solo in questo
modo dimostrerebbe al Paese che davvero il suo intento è di uscire dalla crisi
piuttosto che inasprire le tensioni tra le parti sociali. Rifiutando di venire
a compromessi con chi, detentore di un vasto potere economico, pretende di
poter rimescolare a proprio piacimento anche le carte della politica e della
legalità.
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