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venerdì 24 febbraio 2012

Melfi, accolto ricorso reintegrati lavoratori stabilimento Fiat

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MELFI - La Corte di appello di Potenza ha accolto ieri, in secondo grado, il ricorso della Fiom contro il licenziamento di Giovanni Barozzino, Antonio Lamorte e Marco Pignatelli, i tre operai della Sata di San Nicola di Melfi, licenziati nell’agosto del 2010 dalla Fiat, perché accusati di aver ostacolato le produzioni bloccando alcuni carrelli mentre era in corso un corteo interno. La decisione in appello, ha così ribaltato la sentenza emessa a luglio nel Palazzo di giustizia di Melfi (favorevole al Lingotto), ordinando alla Fiat di reintegrare nello stabilimento i tre lavoratori (due dei quali delegati Fiom).

Ma per Lamorte, Barozzino e Pignatelli la battaglia non - ancora finita, perché la Fiat ha annunciato che ricorrerà in Cassazione, «considerando inaccettabili comportamenti come quelli dei tre lavoratori. Per questo - continua l’azienda - proseguiremo le azioni per impedire che simili condotte si ripetano». I tre operai, ricordiamo, dopo che una prima sentenza del Tribunale di Melfi, nel settembre del 2010, aveva giudicato antisindacale il licenziamento da parte della Fiat, erano tornati in fabbrica, ma l’azienda li aveva confinati in una saletta a parte, dove avrebbero potuto svolgere solo attività sindacale. Circa un anno dopo, a luglio del 2011, un secondo giudice del lavoro del Tribunale di Melfi aveva accolto, dopo sei udienze, il ricorso presentato dalla Fiat contro il decreto di reintegra, e la Sata aveva mandato a casa i tre operai, che si erano trovati così senza lavoro e privati del salario. La decisione della Corte di appello di Potenza, a questo punto, cambia nuovamente lo scenario: e gli operai riacquistano il diritto di tornare in fabbrica e di percepire il salario. «È soltanto questo che vogliamo: tornare a lavorare, dopo un bruttissimo periodo», dicono i tre lavoratori. «Questa sentenza conferma l’antisindacalità del comportamento della Fiat», spiega il legale della Fiom, Franco Focareta. A sostegno dei tre operai, interviene anche Nichi Vendola, che su twitter dice: «Oggi - un bel giorno per Giovanni, Antonio, Marco e anche per noi. Anche alla Fiat di Melfi - stato riconosciuto che il lavoro ha la sua dignità».

«Malgrado Marchionne - commenta Oliviero Diliberto, segretario nazionale Pdci-Federazione della Sinistra - abbia cacciato la Fiom Cgil dagli stabilimenti Fiat, malgrado le impedisca ogni trattativa sindacale, nella fabbrica ha vinto la giustizia. Dovrebbero far tesoro dell’odissea di questi operai, tutti quelli che oggi attaccano l’«articolo 18». La Fiom lucana, intanto, esprime «soddisfazione per il dispositivo della Corte di Appello di Potenza, che ribalta il giudizio di primo grado e, dopo quasi due anni, reintegra al lavoro Barozzino, Lamorte e Pignatelli».

«La sentenza - un atto di giustizia in una vicenda che ha segnato una fase di acuta tensione tra azienda e lavoratori», commenta il consigliere regionale lucano, Rocco Vita (Psi), mentre per il coordinatore lucano di Sel, Carlo Petrone, e per il consigliere regionale Giannino Romaniello (Sel), si tratta «di una decisione che ripristina il sacrosanto diritto al lavoro, il rispetto del diritto di sciopero e la dignità dei lavoratori».

Per Alessandro Genovesi, segretario della Cgil Basilicata, «la sentenza dice in maniera inequivocabile che, in uno stato di diritto, nessuna fabbrica - una zona franca e che tutti, si chiamino Marchione o il signor Rossi, devono rispettare le regole della democratica convivenza». Antonio Pepe, della Cgil lucana, evidenzia che «è stata ristabilita finalmente la verità: quella notte non ci fu nessun sabotaggio».


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