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mercoledì 25 gennaio 2012

La lotta dei tassisti e le cosiddette “liberalizzazioni”

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ll trasporto  pubblico non di linea (taxi), è un servizio pubblico di ogni comune, tramite mezzo privato di cittadino autorizzato. Prima del 1997 erano delle concessioni comunali, dopo le “riforme” del governo Prodi sono diventate licenze, ma la natura del servizio non è cambiata.
Le caratteristiche peculiari sono la tariffa amministrata dal Comune erogante e l'obbligatorietà della prestazione richiesta dall'utenza.
Per questo i turni di lavoro, le autorizzazioni per condurre il mezzo (patente, cap, iscrizione al ruolo),le caratteristiche del mezzo (sia la tipologia che i segni distintivi del servizio), sono rigidamente regolamentate dall'ente locale erogante il servizio.
Con questi presupposti, considerando che anche le direttive europee ritengono il taxi un servizio pubblico, in cosa consistono i processi di liberalizzazione proposti dall'attuale Governo, sull'onda lunga di altri processi pregressi voluti dai Governi di centro sinistra del 2001 del 2006?
Solo il proposito intervenire in totale accoglimento delle richieste dei poteri economici, Confindustria in primis, che vogliono entrare nel comparto, molto appetibile, del trasporto pubblico locale e nazionale.
In secondo luogo, scaricare i costi di una economia in recessione, con oggettive responsabilità dell'alta borghesia padronale, sui lavoratori precari e non, sui pensionate e su quelle sacche di lavoratori che hanno minore potere contrattuale, perchè forniscono servizi per la collettività.
Ecco quindi la proposta: raddoppiare il numero delle licenze, dandone una a titolo gratuito ad ogni tassista che la può cedere a titolo oneroso, o affittare, o mettere il dipendente.
Queste proposte sono inaccettabili perchè portano solo un aumento indiscriminato di licenze che, secondo il governo, dovrebbe portare ad un'incremento di occupazione giovanile ed invece crea nuovo precariato e povertà. Infatti considerando che il tassista non è in grado di mantenere un altro dipendente, riuscendo a malapena mantenere se stesso e la sua famiglia a causa dei costi di gestione molto elevati (la spesa del mezzo e tutti gli oneri amministrativi e fiscali sono a carico del titolare),si inserirebbero società industriali e multiservizi che rileverebbero dal comune le licenze restituite. Vere e proprie imprese applicherebbero tutte le forme contrattuali vigenti creando solo precarietà, concorrenza nella tipologia del servizio ma non nel prezzo, allargamento della forbice sociale con nuove povertà.
Esempi riportati sovente sono la Spagna e l'Irlanda. A Madrid il comune scusandosi con i nuovi e vecchi tassisti sta elargendo ad ogni titolare che restituisce la licenza per mancato guadagno, 40.000 euro di indennizzo con cui tentare altre esperienze lavorative. In Irlanda tempio delle liberalizzazioni più sfrenate, ci sono stati due suicidi di tassisti. In Olanda dove ci sono delle pseudo liberalizzazioni di orario e tariffa il servizio è peggiorato ed i prezzi sono aumentati.
L'unica richiesta che dovrebbe  essere fatta è la MUNICIPALIZZAZIONE, accompagnata da una indennizzazione per le licenze, che garantirebbe il trasporto per tutte le fasce sociali di utenza, tariffe popolari (ora è il comune che decide quale fasce di reddito possono prendere il taxi) e contestualmente garanzie salariali e contrattuali per i lavoratori del comparto, equiparandoli al contratto del trasposto pubblico locale.
Personalmente infatti non avverto differenza come lavoratore tassista, tra me ed un autista della Trambus o del Cotral, se non nel mezzo guidato.
La municipalizzazione andrebbe a garanzia di tutto il trasporto pubblico, nazionale e locale, che è un servizio per tutti i cittadini.




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